Quando tuo padre si oppone fermamente alla tua volontà di diventare pugile, al punto da minacciare di cacciarti di casa e quando il tuo primo maestro ti dice che a vent’anni sei già troppo vecchio per sperare di ottenere risultati importanti, continuare a inseguire i tuoi sogni diventa veramente difficile. Agostino Cardamone, spettacolare picchiatore mancino nato e cresciuto a Montoro Inferiore, in provincia di Avellino, ha superato questi e altri ostacoli, fino a rendere suo padre orgoglioso di lui dopo aver fatto sognare l’Italia intera con la forza dei suoi pugni. Questo capitolo della nostra rubrica “La grande boxe italiana” è dedicato a lui, alle sue battaglie e alle sue sensazionali vittorie.
Crescendo match dopo match: la strada verso il tricolore
Ancora alla ricerca del suo stile definitivo, Agostino imparò il mestiere “strada facendo”: delle sue prime quindici vittorie, dieci giunsero ai punti, segno che ancora non avesse trovato l’impostazione ideale per scaricare la superba potenza naturale di cui madre natura l’aveva fornito. La prima chance titolata per il tricolore giunse tuttavia dopo una striscia di tre successi prima del limite, la giusta iniezione di fiducia per affrontare col giusto piglio una sfida sulla carta molto difficile. A fronteggiarsi il 1° febbraio del 1992 a Civitavecchia erano due ragazzi imbattuti, promettenti e ambiziosi e se Silvio Branco poteva contare sull’apporto del caloroso pubblico, pronto a prodursi in un boato ogni volta che il suo beniamino andava a segno, Cardamone faceva leva sul suo carattere di vero guerriero, che gli rendeva indifferente battersi in casa o in trasferta. Fu uno splendido match, con fasi alterne e momenti drammatici, ma alla fine, anche grazie a un atterramento in suo favore, fu il pugile di Montoro a essere premiato dai giudici di un’incollatura. Cardamone era dunque diventato campione italiano e avrebbe difeso il titolo appena due volte prima di rivolgere le sue attenzioni a traguardi ancora più prestigiosi.
Pugni al tritolo: l’Europa ai piedi di Cardamone
Nello sport come nella vita bisogna battere il ferro finché è caldo. E così Cardamone, dopo aver messo fuori combattimento gli sfidanti al titolo italiano Pompilio e De Cicilia, decise di cogliere al volo l’occasione che gli si proponeva sul fronte europeo: il nostro Sumbu Kalambay aveva lasciato vacante il titolo continentale e a contendersi lo scettro furono selezionati due italiani: lo stesso Cardamone e il talentuoso Francesco Dell’Aquila. Quest’ultimo aveva già detenuto la cintura EBU prima di cederla a Kalambay e aveva anche avuto l’onore di incrociare i guantoni negli Stati Uniti col fuoriclasse James Toney. Agostino non si lasciò impressionare dal miglior curriculum del rivale: sospinto dalle urla di incitamento dei suoi concittadini travolse il veloce ed esperto avversario con i suoi attacchi travolgenti, piegandolo in tre riprese. Da campione europeo il mancino di Montoro ebbe l’opportunità di sostenere le sue prime battaglie all’estero recandosi in Francia e in Spagna, ma la difesa più emozionante fu quella disputata a Solofra contro il temibile britannico Neville Brown: scosso nella prima ripresa e ubriacato da continui cambi di guardia e dai colpi dritti del vigoroso avversario, Cardamone gettò il cuore oltre l’ostacolo esercitando la solita pressione asfissiante e trovando un devastante KO al settimo round.
L’eterno rimpianto: a un soffio dal miracolo con sua maestà Jackson
Dopo quattro difese vittoriose del titolo europeo e forte di un record di 23 vittorie su altrettanti incontri disputati, il nostro coraggioso picchiatore ottenne l’opportunità di coronare il suo sogno più grande: il mondiale WBC dei pesi medi era stato lasciato vacante da Gerald McClellan e l’italiano se lo sarebbe giocato col terrificante picchiatore delle Isole Vergini Julian Jackson. La sfida era di quelle che fanno tremare le vene ai polsi: Jackson è stato uno dei pugili più potenti della storia, tanto che dei 50 avversari che aveva sconfitto fino a quel momento appena 4 avevano sentito l’ultima campana. D’altro canto il favorito della vigilia doveva fare i conti con gli strascichi che una carriera assai logorante aveva già lasciato sul suo fisico: operato alle retine di entrambi gli occhi, il famoso picchiatore era agli sgoccioli del suo percorso sportivo e la sua nota fragilità lasciava uno spiraglio al nostro portacolori. Reso ancor più determinato dalle dichiarazioni beffarde del rivale, che in conferenza aveva detto che il cognome “Cardamone” lo faceva ridere, il pugile di Montoro dominò la prima ripresa arrivando persino a scuotere l’avversario e portandolo a un soffio dall’atterramento. Purtroppo però contro un pugile come Jackson ogni singola disattenzione può essere fatale e Cardamone lo imparò a sue spese quando un colpo fulminante gli spense le lampadine nel secondo round, mandando in frantumi il suo sogno.
Dall’amarezza alla rinascita: la riconquista europea e la trilogia con Branco
Profondamente amareggiato per la rocambolesca sconfitta subita negli Stati Uniti, Cardamone faticò a tornare in auge, tanto che il primo tentativo di riconquistare lo scettro europeo che aveva lasciato vacante per inseguire il sogno mondiale finì con un rovinoso KO in dieci riprese ad opera del russo Alexander Zaytsev. L’atleta di Montoro tuttavia aveva ancora molto da dare al pugilato e pian piano si rimise in sesto: ottenne la rivincita con il russo domandolo ai punti e poco tempo dopo trovò sulla sua strada lo stesso avversario contro il quale aveva vinto il primo titolo della sua carriera, quel Silvio Branco che nel frattempo era diventato campione WBU dei pesi medi. Questa volta i due si affrontarono in campo neutro a Brindisi e dopo nove round sembrava che Cardamone fosse destinato alla sconfitta: Branco danzava sulle gambe, colpiva da lontano, si spostava con grazia e dominava la contesa. Tuttavia un singolo gancio sinistro devastante, esploso nella decima ripresa, fu sufficiente al picchiatore di Montoro per rendere ininfluente quanto era accaduto fino a quel momento: Branco crollò al suolo privo di sensi, tanto che lo stesso Cardamone si spaventò, rifiutandosi di festeggiare prima di essersi sincerato delle condizioni dell’avversario. Dopo il trionfo furono tanti, anche tra i giornalisti, a parlare di “colpo della domenica”, ma il vincitore dimostrò ancora una volta il suo valore andando a vincere anche la “bella” in casa del rivale, questa volta ai punti. Fu l’ultima vittoria della scintillante carriera di Agostino Cardamone che purtroppo tre mesi dopo, svuotato dai sacrifici eccessivi per fare il peso, cedette la cintura WBU all’olandese Raymond Joval prima di ritirarsi dal professionismo. Una scelta sofferta ma intelligente, da parte di un pugile che sul ring ha sempre dato il massimo emozionando e commovendo appassionati e tifosi con uno stile battagliero, tipico dei campioni d’altri tempi.