Le vittorie di un pugile sono certamente importanti per far innamorare i tifosi, ma quando ai trionfi si accompagnano uno stile battagliero e un indomito coraggio, l’acclamazione del grande pubblico diventa inevitabile. Lo sa bene chi ha seguito la carriera dell’intrepido Vito Antuofermo, le cui battaglie sanguinolente a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 fecero innamorare di lui tanto le folle statunitensi quanto quelle italiane, consacrandolo tra i nostri connazionali più stimati e benvoluti in ogni angolo del globo. Dal piccolo comune pugliese di Palo del Colle a Brooklyn, dagli inizi turbolenti alla gloria europea, dal trionfo mondiale alle guerre con Hagler e Minter, andiamo a ripercorrere insieme le tappe che resero Vito uno dei protagonisti della grande boxe italiana!
Una carriera vincente iniziata per caso
C’è tanta casualità nella sorte di ognuno di noi. Pochi possono testimoniarlo meglio di Antuofermo, approdato per caso al pugilato e sempre per caso ritrovatosi da un giorno all’altro pugile professionista. Il primo evento fortuito risale a quando Vito era adolescente e faceva i conti con la dura realtà che attendeva gli emigrati italiani in USA. Coinvolto frequentemente in litigi e risse da strada, il futuro campione fu preso un giorno in custodia dalla polizia dopo aver steso con un destro un afroamericano che lo aveva minacciato; ma con sua somma sorpresa non fu la prigione della città l’edificio a cui la pattuglia lo condusse, bensì l’adiacente palestra di boxe. Qui Vito affinò il suo stile da autoditatta e col mito di Nino Benvenuti nel cuore diede vita a un’ottima carriera dilettantistica. Il salto successivo fu un altro scherzo del destino: recatosi ad assistere a una riunione professionistica, Antuofermo accettò di sostituire un pugile assente ed esordì così nel mondo dei pro. Non sapeva che così facendo avrebbe rinunciato alle Olimpiadi, ma il destino aveva in serbo per lui enormi soddisfazioni…
Più forte di quel che sembra: di vittoria in vittoria fino al tetto d’Europa
Lo stile di Vito non era di quelli amati dai puristi. I suoi colpi partivano seguendo traiettorie poco ortodosse, i suoi attacchi apparivano puramente istintivi, ma la sua efficacia nell’accorciare sistematicamente la distanza e nell’operare una pressione sfiancante costrinse anche i più critici a ricredersi man mano che l’italiano scalava i ranking. In realtà Antuofermo disponeva oltre al coraggio anche di abilità tecniche poco appariscenti ma fondamentali per il suo pugilato: abilissimo nel muovere la testa per evitare i colpi di sbarramento, aveva anche un tempismo eccellente nel “buttarsi dentro” cogliendo sistematicamente di sorpresa il rivale di turno. Le sue doti gli permisero di arrivare al titolo d’Europa dei superwelter, strappato al tedesco Ekhard Dagge grazie a una prova maiuscola in Germania, con un ruolino di marcia quasi immacolato e non privo di scalpi importanti, dal prospect John L Sullivan all’esperto ex campione Emile Griffith. Il suo tallone d’Achille tuttavia emerse già in questa prima fase: Vito si feriva con disarmante facilità e doveva fare spesso i conti con copiose fuoriuscite di sangue.
La gloria mondiale attende Antuofermo, ma nei pesi medi!
L’approdo di Vito sulla vetta del vecchio continente creò grandi aspettative e la sua prima difesa contro il britannico Maurice Hope, all’epoca poco conosciuto, veniva giudicata alla sua portata. Un avversario più insidioso dello sfidante mancino stava tuttavia per giocare un brutto tiro al nostro pugile: la bilancia. Antuofermo faticava ormai a rientrare nelle 154 libbre e la sua resistenza fisica non poteva che risentirne. Giunto in vantaggio al termine del tredicesimo round, Vito scoppiò nel finale subendo due conteggi in piedi e venendo fermato dall’arbitro a una manciata di secondi dalla fine. Ma quando una porta si chiude, spesso si apre un portone: passato nella nobile categoria dei medi, Vito ritrovò tutto il suo vigore, sconfisse tra gli altri il celebre picchiatore Bennie Briscoe e si candidò alla sfida mondiale per le cinture WBA e WBC con l’argentino Hugo Pastor Corro. Quest’ultimo era mobile, veloce e astuto e dominò la prima parte della sfida, ma incalzato dall’incedere dell’italiano si spense alla distanza venendo surclassato nelle ultime riprese e perdendo ai punti di un’incollatura: Vito era campione del mondo!
Las Vegas dolce e amara: il pareggio con Hagler e la beffa con Minter
Ad attendere al varco il neo-campione non c’era uno sfidante qualsiasi, bensì il leggendario Marvin Hagler. L’impresa per Vito appariva proibitiva e a renderla ancora più ardua ci si mise lo stato influenzale che colpì l’italiano a pochi giorni dalla battaglia. Intorpidito nei muscoli, Antuofermo faticò ad entrare nel match e perse rapidamente terreno in favore del Meraviglioso. Il gladiatore di Bitonto tuttavia ci mise il cuore, non fece mezzo passo indietro, ricavò una settantina di punti di sutura ma alla fine strappò un insperato pareggio conservando i titoli. A onor del vero l’opinione maggioritaria, condivisa dagli stessi giornalisti italiani presenti a bordo ring, fu che Hagler meritasse il verdetto, ma se Las Vegas era stata generosa con il nostro portacolori lo fu molto meno quattro mesi dopo, quando l’inglese Alan Minter lo detronizzò con una discutibile Split Decision. A destare scandalo furono soprattutto i 12 punti di vantaggio che il giudice britannico Roland Dakin diede al suo connazionale: un margine vergognoso per un match equilibratissimo in cui Vito aveva fatto qualcosina in più.
Spremuto fino al midollo: il fisico gli presenta il conto
Un fighter generoso, i cui match si risolvono quasi sempre in logoranti battaglie, deve essere tutelato affinché possa continuare a esprimersi nel migliore dei modi col passare degli anni. Nel caso di Antuofermo purtroppo non fu così: in meno di nove mesi il guerriero pugliese aveva sostenuto la bellezza di tre guerre all’arma bianca durate quindici round l’una e come se non bastasse tre mesi dopo la durissima sfida con Minter fu mandato in Inghilterra per il rematch. Il suo fisico non resse un simile stress: i suoi riflessi apparvero di colpo rallentati, il suo celebre tempismo assente. La pelle del volto, da sempre fragile, gli presentò inoltre il conto dei troppi colpi incassati in carriera rendendo la sua faccia una maschera di sangue e impedendogli di andare oltre l’ottavo round. Non meno infruttuosa fu la rivincita col Meraviglioso: i colpi di Hagler, uniti ad alcuni scontri tra le teste dei pugili, tornarono a far sanguinare Vito come una fontana spingendo il suo angolo a fermarlo dopo la quarta ripresa. La carriera a livello mondiale del nostro indomabile picchiatore si esaurì di fatto quella sera. Pur non avendo mai cercato per sé la luce dei riflettori, Antuofermo riuscì a farsi notare anche dopo aver appeso definitivamente i guantoni al chiodo. Tra i vari lavori che il nostro coraggioso portacolori svolse nel corso degli anni meritano di essere citate in particolare le sue apparizioni cinematografiche, che lo portarono addirittura a ottenere una parte nel terzo capitolo dell’immortale saga del Padrino di Francis Ford Coppola. Tuttora residente negli Stati Uniti, Vito non ha mai dimenticato il nostro paese così come noi non dimenticheremo mai le sue entusiasmanti battaglie!