Il 19 luglio del 1971 vedeva la luce un bimbo ucraino destinato a diventare un colosso dalla forza brutale, l’inimitabile Vitali Klitschko. Formatosi nella kickboxing e cresciuto all’ombra del più acclamato fratello minore Wladimir, il “Dr. Ironfist” ha saputo capovolgere le gerarchie da professionista, affermandosi come uno dei più forti e rispettati pesi massimi di tutti i tempi. Nel fargli i migliori auguri per il suo 53esimo compleanno, andiamo a ripercorrere le tappe fondamentali del suo cammino da campione!
L’Olimpiade sfumata e la macchia da cui farsi perdonare
Con la sua impostazione poco ortodossa, caratterizzata da braccia ciondolanti lungo i fianchi, difesa affidata a riflessi e flessioni sul tronco e colpi portati da angolazioni inusuali, Vitali destava meno scalpore rispetto a suo fratello ai tempi del dilettantismo. Pur non vincendo tornei prestigiosi – il miglior traguardo fu un argento mondiale nel ’95 – l’ucraino mise comunque in piedi un record numericamente impressionante con 195 vittorie su 210 match disputati e arrivò a un passo dal competere da favorito alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. In prossimità della manifestazione a cinque cerchi tuttavia, si scoprì mediante un controllo antidoping che Vitali aveva fatto uso di steroidi; venne quindi estromesso dalla squadra ucraina e suo fratello Wladimir, che si sacrificava con enorme fatica per rientrare nella categoria inferiore, ne approfittò per salire nei supermassimi e vincere la medaglia d’oro. Anni dopo Vitali raccontò l’episodio nella sua autobiografia, affermando di aver assunto la sostanza proibita su consiglio di un medico per curare un dolore alla gamba che si portava dietro dai tempi della kick.
La cavalcata trionfale fino al mondiale
Da professionista Klitschko si dimostrò immediatamente una macchina da guerra. I suoi avversari cadevano sistematicamente in pochi round, travolti dai suoi colpi violenti: dei 24 avversari affrontati prima di disputare il primo titolo mondiale, nessuno ebbe l’onore di sentire l’ultima campana. Ne sa qualcosa il nostro Francesco Spinelli, che allo Sport Palace di Kiev resistette appena un minuto e 49 secondi prima di piegarsi sotto i fendenti micidiali di un Vitali particolarmente inferocito per aver assistito poco prima alla sconfitta inopinata del fratello contro il poco quotato Ross Puritty. Giunse così l’agognata chance di battersi per una cintura iridata e Klitschko la colse nel migliore dei modi: il campione in carica della WBO, l’inglese Herbie Hide, riuscì a tener fede al suo soprannome di “Dancing Destroyer” soltanto nel primo round, vinto su tutti e tre i cartellini dei giudici, ma non appena fu toccato duro dai colpi del Dr. Ironfist si sciolse come neve al sole cedendo così l’ambito scettro al colosso ucraino.
Il clamoroso ritiro e la trasformazione in demolitore
Dopo due semplici difese vittoriose, Klitschko si apprestava ad affrontare il cliente più ostico della sua carriera, l’esperto canadese Donovan Ruddock, che però a una decina di giorni dal match scoprì di essere affetto da epatite e dovette rinunciare alla sfida. Fu dunque chiamato a sostituirlo l’americano Chris Byrd, che di fronte alla ghiotta opportunità di battersi per un mondiale, si precipitò subito in Germania per giocarsi le sue carte. Dopo otto riprese controllate agevolmente, nel nono round il campione parve irrigidirsi e incredibilmente dopo il suono della campana non si alzò dallo sgabello: un doloroso infortunio alla spalla lo costringeva a dare forfait! Pur tornando a combattere abbastanza rapidamente, Vitali diede l’impressione nelle sue uscite successive di aver perso qualcosa della sua proverbiale esplosività: mentre in precedenza infatti la maggior parte dei suoi KO avvenivano nel corso dei primi round, dopo il rientro dall’infortunio l’ucraino iniziò a vincere più spesso per accumulazione di colpi, trasformandosi quindi da picchiatore mortifero a demolitore implacabile.
Il match della vita con Lewis e la vendetta in onore di Wlad
Il match della vita per Vitali Klitschko giunse in maniera fortuita. Era il giugno del 2003 e il Dr. Ironfist si preparava ad affrontare Cedric Boswell nel sottoclou della difesa dell’imperatore dei pesi massimi Lennox Lewis contro Kirk Johnson. A sole due settimane dalla data prevista tuttavia, Johnson si chiamò fuori a causa di un infortunio muscolare e Klitschko accettò di prenderne il posto in quello che si rivelò un match spettacolare. Dopo un inizio strepitoso, in cui mise severamente in difficoltà il blasonato avversario, Vitali subì una brutta ferita in prossimità dell’occhio sinistro e da quel momento in poi l’incontro divenne terribilmente cruento. Al termine del sesto round, mentre era in vantaggio di due punti su tutti i cartellini, lo sfidante venne infine fermato nonostante le sue veementi proteste, poiché il suo volto era ormai una maschera di sangue. Vista l’impossibilità di ottenere una rivincita, data la decisione di Lewis di ritirarsi, Klitschko continuò per la sua strada e ben presto divenne nuovamente campione del mondo vendicandosi del pericoloso sudafricano Corrie Sanders che un anno prima aveva sorprendentemente messo KO suo fratello Wladimir.
L’incredibile ritorno e l’ultima striscia di successi
Condizionato da numerosi problemi fisici, Vitali decise di appendere i guantoni al chiodo nel 2004 ma dopo quasi quattro anni di inattività, quando tutti lo ritenevano ormai fuori dai giochi, annunciò il suo clamoroso ritorno sul ring. Invece di un rientro morbido che gli consentisse di tornare a familiarizzare col quadrato, l’ucraino decise di affrontare immediatamente il campione del mondo della WBC, ovvero il cosiddetto “Incubo Nigeriano” Samuel Peter che ai tempi godeva fama di pericoloso picchiatore. Il pugile africano fu letteralmente portato a scuola: in otto riprese faticò a mettere a segno un singolo colpo degno di nota e si ritirò col faccione gonfio e lo spirito distrutto: il Dr, Ironfist era tornato! Per altri quattro anni Vitali dominò la scena incontrastato senza che nessuno dei nove sfidanti che gli furono messi di fronte riuscisse seriamente a impensierirlo. Superata la soglia dei 41 anni dunque, non avendo più nulla da dimostrare al mondo del pugilato e avendo promesso a sua madre che mai e poi mai avrebbe combattuto con suo fratello, detentore delle altre cinture mondiali, decise di dedicarsi alla politica.
Benché l’assenza di vittorie di portata epocale nel suo curriculum gli impedisca probabilmente di essere inserito in una top 10 storica della categoria dei massimi, Vitali ha messo in mostra sul ring qualità che mai si erano viste in un pugile dalla corporatura mastodontica come la sua e sono in tanti a pensare che avrebbe reso la vita difficile anche ai più grandi fuoriclasse del passato.