Anni dopo essersi ritirato dall’attività agonistica, in riferimento al suo match con Roy Jones Jr, Vinny Pazienza ammise candidamente che mentre quella notte si batteva con coraggio e determinazione dentro di sé pensava: “Cosa c***o ci faccio sullo stesso ring con Roy Jones?” Sono passati 29 anni esatti da quella sfida impari che confermò la grandezza del Fulmine di Pensacola e spense sul nascere il sogno del Diavolo della Paz-mania di realizzare l’ennesima prodezza di una vita da cinema. Torniamo dunque con la memoria al Convention Center di Atlantic City per rivivere le emozioni del mondiale IBF dei supermedi datato 24 giugno 1995.
Vinny Pazienza: verso il mondiale a furor di popolo
A volte la popolarità può spingere un pugile verso i grandi palcoscenici ancor più dei risultati e delle classifiche. Quando la gente ti ama, ti acclama ed è disposta a spendere pur di vederti impegnato nelle sfide ad alta quota, diventa inevitabile che tu venga preso in considerazione dalle televisioni e dai promoter. Nel 1995 Vinny Pazienza non era uno dei migliori supermedi sulla piazza, ma aveva una storia talmente incredibile alle spalle e un feeling talmente forte con i fan, da vedersi spalancare le porte del match della vita con il numero uno del pianeta. Già campione del mondo nei leggeri e nei superwelter, il pugile di radici italiane, migliorato esponenzialmente sotto la guida di Kevin Rooney, ex trainer di Mike Tyson, aveva dovuto fare i conti con un tremendo incidente automobilistico che secondo i medici avrebbe dovuto porre fine alla sua carriera. Il ritorno miracoloso sul ring e la successiva striscia di nove vittorie consecutive, due delle quali contro un attempato Roberto Duran, fecero concretizzare la “sfida impossibile” a sua maestà Jones.
Roy Jones Jr: l’invincibile
Raramente nella storia della boxe un pugile ha trasmesso una sensazione di invincibilità maggiore rispetto a Roy Jones Jr. Derubato in maniera disgustosa nella finale olimpica di Seul, nonostante il dominio nei confronti dell’atleta di casa, il Fulmine di Pensacola si era preso le sue rivincite da professionista mettendo in fila uno scalpo dopo l’altro e laureandosi campione del mondo in due categorie di peso (a fine carriera saranno quattro). Quello che però impressionava di più del percorso netto di Jones ancor più dei trionfi, era l’irrisoria facilità con cui li conseguiva: il fuoriclasse americano infatti poteva permettersi di giocare tra le sedici corde vincendo i suoi match con la pipa in bocca. La sua onnipotenza oltretutto non era da mettere in relazione con una gestione protettiva: tra le sue “vittime” figuravano infatti campioni stellari del calibro di Bernard Hopkins e James Toney, entrambi surclassati dalla sua velocità e battuti nettamente ai punti. Non c’è da stupirsi dunque se contro Pazienza il Fulmine di Pensacola fosse dato favorito per 12 a 1 dai bookmaker.
L’equilibrio dura appena due round
Sul ring non salivano due semplici atleti, bensì due sportivi capaci di regalare spettacolo a 360 gradi. La natura carismatica dei due pugili del resto apparve chiara sin dalle ultime istruzioni impartite dall’arbitro Tony Orlando a centro ring, quando contrariamente alla prassi e col beneplacito del direttore di gara, Jones e Pazienza si fronteggiarono a brutto muso a pochi centimetri di distanza, promettendosi reciprocamente scintille. Per due riprese tuttavia il classico show del Fulmine di Pensacola, abituato a irridere gli avversari con smorfie, provocazioni e linguacce, non si palesò, lasciando spazio invece a una sua versione concentratissima, intenta a esplodere rapidi colpi d’incontro. Pazienza naturalmente si aspettava di dover fare i conti con la velocità abbacinante del rivale e per disinnescarla aveva preparato con Rooney una tattica basata su spostamenti laterali, finte continue e improvvise sortite offensive finalizzate a giocarsela nel corpo a corpo. La strategia ebbe però un successo molto limitato e permise a Vinny Paz di restare in partita per soli due round.
Il match diventa un’esecuzione
“Non svegliare il can che dorme” è un vecchio proverbio che si può adattare a tante situazioni. Nella circostanza Pazienza avrebbe dovuto tenersi stretto il Jones serio, composto e misurato nei suoi attacchi che si era visto in avvio piuttosto che stuzzicarlo portandolo a scatenarsi. Ma l’istinto dello showman era troppo forte nel pugile di Rhode Island: a partire nel terzo round Vinny cercò di infiammare il pubblico con gesti plateali di sfida, passi di “danza” ed espressioni irriverenti. Sfidato sul suo terreno, Jones non si limitò a rispondere alle provocazioni con la mimica, ma lo fece anche e soprattutto con i pugni, facendosi molto più aggressivo e iniziando a martellare lo sfidante con combinazioni terribili. Pazienza non riusciva più ad avvicinarsi senza essere castigato e il suo workrate ne risentì crollando miseramente. Clamoroso fu ciò che avvenne nel quarto round, quando Vinny Paz non riuscì a mettere a segno nemmeno un colpo, cosa mai accaduta nella storia da quando era in uso il sistema di rilevazioni statistiche denominato “CompuBox”. L’inevitabile epilogo si concretizzò nella sesta ripresa, quando un Pazienza ormai sfiduciato e impotente fu atterrato tre volte in rapida successione determinando l’inevitabile e probabilmente tardivo stop arbitrale. Il gran cuore non era bastato allo sfidante per compiere il miracolo; la folgorante carriera di Roy Jones poteva continuare spedita verso la leggenda.