Nel ricco sottoclou del mondiale dei pesi superwelter andato in scena sabato al BMO Stadium di Los Angeles non sono mancate due interessanti sfide tra pesi massimi. Il 24enne americano Jared “Big Baby” Anderson (17-1-0, 15 KO) è stato pesantemente ridimensionato da un travolgente Martin Bakole (21-1-0, 16 KO) che lo ha messo KO in soli cinque round. La battaglia ad altissimo tonnellaggio tra Andy “Destroyer” Ruiz (35-2-1, 22 KO) e Jarrell “Big Baby” Miller (26-1-2, 22 KO) è invece finita in parità grazie a un verdetto molto controverso. Miller si è infatti sentito derubato, una tesi appoggiata dalla maggioranza degli osservatori.
Jared Anderson vs Martin Bakole
Chi puntava sul giovane Anderson, il favorito della vigilia secondo le quote degli allibratori, si aspettava un approccio estremamente prudente e conservativo da parte del prospect americano. Trovandosi di fronte un avversario dalle mani pesantissime, nettamente superiore ai suoi precedenti rivali, Big Baby avrebbe fatto meglio a stargli alla larga per un certo numero di riprese sfruttando la sua maggior velocità di gambe per farlo stancare prima di alzare i ritmi.
Al contrario, Anderson ha combattuto come se stesse affrontando un collaudatore: costantemente posizionato sulla media distanza e intento a praticare un dentro-fuori pericolosissimo, con tanto di molteplici schivate a mani basse. Per quasi tre minuti tale strategia gli ha permesso di mettere in mostra il suo buon repertorio, ma già alla fine del primo round un’azione troppo azzardata lo ha esposto al terribile montante di Bakole, bravissimo nell’avventarsi su di lui dopo averlo scosso per siglare il primo atterramento.
Nonostante la doccia gelata, Big Baby non ha cambiato radicalmente i suoi piani tattici e ha perseguito in maniera presuntuosa il suo solito stile. Anche quando i colpi di Bakole lo costringevano ad arretrare si fermava spalle alle corde e cercava di attraversare la tempesta stando fermo sul posto, come se avesse i riflessi di Floyd Mayweather Jr e la mascella di David Tua. Purtroppo per lui è venuto fuori che non ha né gli uni nell’altra.
Bakole ha combattuto con determinazione e grande concretezza. Attendeva a centro ring che il suo avversario commettesse un’imprudenza, incassava con disinvoltura i suoi fendenti e non appena riusciva a fargli male lo tallonava per incrementare il danno. Nel quinto round è stato ancora una volta il montante a rivelarsi il colpo decisivo: il pugile congolese ne ha messi a segno ben tre consecutivamente durante uno scambio ravvicinato, spedendo nuovamente Anderson al tappeto. Un ulteriore knock down e la successiva scarica di colpi hanno poi indotto l’arbitro Jerry Cantu a decretare il KO tecnico.
Vittoria di importanza capitale per la carriera di Martin Bakole che a 32 anni sembra aver davvero raggiunto il picco del suo rendimento sportivo. Ora il picchiatore congolese otterrà sicuramente un’altra opportunità significativa contro un pugile di alta classifica e c’è da scommettere che i possibili rivali non faranno i salti di gioia all’idea di affrontarlo.
Anderson dal canto suo ha ricevuto una sonora lezione di umiltà. Non c’è nulla di drammatico nel subire una sconfitta: tanti campioni hanno perso da giovani per poi tornare più forti di prima, ma l’americano dovrà dimostrare di saper riconoscere i propri limiti. La sua fluidità nei movimenti, il suo gioco di gambe e la sua varietà di colpi possono ancora garantirgli un roseo futuro, ma soltanto a patto di affidarsi a uno stile molto più pragmatico e conservativo: lo stile da outfighter che ha permesso a Otto Wallin di battere Murat Gassiev o a Guido Vianello di giocarsela alla pari con Efe Ajagba potrebbe fare al caso suo.
Andy Ruiz Jr vs Jarrell Miller
Agevolato dalla bizzarra decisione di Miller di interpretare nel primo round l’inedito ruolo di attendista, Ruiz ha approcciato il match nel migliore dei modi dando la netta sensazione di essere superiore in molti aspetti cruciali. Più rapido di braccia, più vario nelle soluzioni offensive e nettamente più dotato dal punto di vista tecnico, il pugile di radici messicane ha vinto chiaramente i primi tre round nel corso dei quali il suo avversario si è segnalato solo per le molteplici spinte, redarguite con poca convinzione dall’arbitro.
Già dalla quarta ripresa tuttavia qualcosa è cambiato in maniera repentina e inaspettata. Ruiz ha iniziato a pedalare all’indietro, apparentemente preoccupato. I suoi colpi hanno perso esplosività e vigore e per Miller è diventato sempre più agevole arrivargli vicino e soffocarlo col suo workrate. Certo, il lavoro di Big Baby era tutt’altro che impeccabile dal punto di vista tecnico, con colpi che talvolta andavano a segno addirittura col polso, tanto male erano portati, ma si faceva comunque preferire rispetto alla condotta conservativa e ostruzionistica che Ruiz ha adottato da un certo punto in poi.
Le riprese si sono susseguite quasi in fotocopia le une rispetto alle altre. Il Destroyer generalmente partiva bene piazzando qualche bel colpo in avvio, poi andava in affanno, annaspava, cercava di addormentare l’azione con furbizia e mestiere ma veniva progressivamente rimontato. Poi, negli ultimi venti secondi, Miller aumentava vertiginosamente i ritmi per aggiudicarsi il round, riuscendo talvolta persino a scuotere il rivale.
Ruiz ha cercato con enorme fatica di rimettersi in carreggiata nella decima e nell’undicesima ripresa, essendosi probabilmente reso conto del fatto che il match gli stesse sfuggendo di mano, ma i suoi successi sono stati soltanto parziali e alla fine del combattimento la stragrande maggioranza degli spettatori e degli addetti ai lavori si aspettava che Big Baby fosse proclamato vincitore. Incredibilmente, ciò non è avvenuto: il signor Robert Hoyle ha avuto il barbaro coraggio di assegnare a Ruiz quattro punti di vantaggio (uno score che si spiegherebbe soltanto se il giudice avesse scambiato i due pugili per errore), mentre i signori Lou Moret e David Sutherland hanno decretato un salomonico (ma non particolarmente saggio) pareggio.
Durante le interviste di rito il motivo del calo improvviso di Ruiz è emerso in maniera incontrovertibile: il Destroyer si è infatti avvicinato al suo avversario mentre quest’ultimo parlava al microfono e gli ha mostrato la mano destra, contraddistinta da una protuberanza innaturale, impossibile da spiegare se non con una frattura al secondo metacarpo.
Ruiz ha dunque combattuto una porzione rilevante del combattimento con le armi “spuntate” e ha dovuto fare di necessità virtù facendo i salti mortali per tenersi a galla. Se da un lato è ammirevole che il Destroyer non abbia mai mollato nonostante il grave infortunio, dall’altro occorre sottolineare che a penalizzarlo era anche una condizione atletica tutt’altro che impeccabile. Dopo due anni di inattività il picchiatore di radici messicane si è infatti presentato sul ring con il secondo peso più alto mai fatto registrare in carriera e questo certamente non l’ha aiutato in termini di fiato e mobilità.
Jarrell Miller dal canto suo non ha nulla da rimproverarsi avendo dato tutto se stesso pur con i limiti tecnici che lo contraddistinguono e che ormai, a 36 anni compiuti, difficilmente potrà più limare. L’americano non va troppo per il sottile: avanza come un Caterpillar, incassa colpi tremendi e fa sentire al rivale di turno tutto il peso dei suoi centoquaranta chili. Probabilmente, visto l’alto numero di osservatori che l’hanno visto vincente, Big Baby otterrà prossimamente un’altra chance importante. Una possibilità affascinante dal punto di vista di chi vi scrive, sarebbe quella di porlo contro l’arrembante pugile tedesco Agit Kabayel, che dopo aver travolto da sfavorito Arslanbek Makhmudov e Frank Sanchez freme dalla voglia di tornare a dare battaglia.