Giustizia è fatta. Il meschino tentativo del pugile argentino Gustavo Lemos di acquisire un indebito vantaggio, sforando di più di 6 libbre il limite di peso dei leggeri, si è infranto contro i pugni di Keyshawn Davis. Il promettente prospect americano ha punito severamente il rivale mettendolo KO in soli due round e rendendo così del tutto vano il suo escamotage da imbroglione. La vittoria del pugile di Norfolk tuttavia non cancella la necessità di interrogarsi su come disincentivare una pratica che sta danneggiando il pugilato.
Non c’è molto da raccontare su quanto è accaduto sul ring. Lo stile arrembante e disordinato di Lemos, che lo aveva fatto apparire come uno schiacciasassi contro pugili privi di potenza come Lee Selby e Richardson Hitchins, si è rivelato autodistruttivo al cospetto di un avversario esplosivo e preciso come Davis.
L’americano ha impiegato meno di due round ad approfittare in modo decisivo dei continui varchi lasciati dal rivale. Il primo atterramento della serata è scaturito da un bellissimo diretto destro che ha colpito Lemos alla mandibola mentre quest’ultimo si scopriva nel tentativo maldestro di portare un gancio largo.
L’atleta sudamericano si è prontamente rialzato ed è parso abbastanza lucido da provare e rientrare in partita, ma Davis non gli ha dato tregua, spedendolo nuovamente al tappeto poco dopo grazie a una combinazione velocissima di due colpi iniziata con un perfetto e letale gancio sinistro. Stavolta Lemos è parso davvero scosso, tanto da crollare contro le corde nel tentativo di rialzarsi troppo in fretta.
L’arbitro Raul Caiz Jr ha voluto concedere all’argentino un’ultima chance di riprendere la battaglia, ma l’epilogo era ormai scritto: Davis si è fiondato sul malcapitato rivale e lo ha steso per l’ultima volta con una raffica di colpi, dedicandosi poi ai festeggiamenti.
Emblematico è stato il commento del celebre direttore di The Ring Douglass Fischer su X al termine della sfida:
“Sì! Sono così contento che Keyshawn abbia messo Lemos KO subito.”
Un’esultanza forse inconsueta da parte di un giornalista ma che riflette bene il sentimento di profondo fastidio provato da molti addetti ai lavori per il tentativo plateale di Gustavo Lemos di infrangere le regole accettando un combattimento importante in una determinata categoria di peso per poi non provare nemmeno a rispettarne i limiti.
Purtroppo quello dell’argentino non è un caso isolato e se non verranno presi provvedimenti seri a riguardo, la situazione rischia di ripetersi. Per quanto esistano già oggi sanzioni pecuniarie, talvolta concordate in anticipo tra le parti, per dissuadere i pugili dall’idea di presentarsi sulla bilancia più pesanti del limite previsto, queste spesso non si rivelano sufficienti.
Ci sono infatti pugili sufficientemente ricchi da farsi beffe delle multe (è senz’altro il caso di Ryan Garcia, che come è noto mancò il peso contro Devin Haney) e ce ne sono altri che con un freddo calcolo sono disposti a pagare l’ammenda sperando aprirsi la strada verso maggiori guadagni futuri con una vittoria sul ring.
Annullare i combattimenti in caso di mancato rispetto dei limiti di peso è una strada spesso poco percorribile, poiché determina l’insorgere di una serie di problemi di non poco conto, tra cui la necessità di rimborsare i biglietti venduti e quella di spiegare l’accaduto agli sponsor dell’evento. L’intero training camp dello sfortunato pugile che ha rispettato le norme si tramuta inoltre in uno spreco di tempo e di risorse.
Urge dunque studiare soluzioni alternative. In rete, a valle della pesatura ufficiale di ieri, sono fioccate proposte anche molto originali tra cui quella di far partire il pugile più pesante con un punto di penalità sui cartellini per ogni libbra extra portata sulla bilancia, una soluzione definita “molto interessante” dal giornalista americano Adam Abramowitz in risposta a un utente che ne parlava su X.
L’ipotesi più realistica e facilmente attuabile sembra comunque essere quella di prevedere una squalifica obbligatoria. Di fronte alla prospettiva di dover star fermi per un anno (con pena aumentata in caso di recidiva) forse molti pugili ci penserebbero due volte prima di tentare la “furbata”. Non ci resta che sperare che chi di dovere decida di muoversi presto in questa direzione.
Pene più severe sarebbero un buon deterrente, ma sarebbe auspicabile un educazione sportiva da parte degli appassionati che renda socialmente non riprovevole questo tipo di pratica; invece capita -come nel caso di King Ryan- che le furbate Rendano “sexy”