Intervista a Tulkin Kilichev, allenatore della strepitosa Nazionale uzbeka

DiMario Salomone

Ott 22, 2025

Prestazioni da urlo, qualità tecniche prodigiose, avversari di spessore dominati con apparente facilità e medaglie d’oro collezionate a ritmo forsennato: la Nazionale di pugilato dell’Uzbekistan, guidata dal suo head coach Tulkin Kilichev, si sta imponendo prepotentemente agli occhi del mondo e sta suscitando l’ammirazione di chi segue la Nobile Arte.

Lo scorso anno, alle Olimpiadi di Parigi, la squadra di Kilichev ha conquistato cinque medaglie d’oro. Quest’anno, ai Campionati Mondiali di Liverpool, ne ha totalizzate addirittura sei. Risultati portentosi che non possono essere frutto del caso e che, al contrario, derivano da anni di attenta programmazione, dedizione al lavoro, serietà e meritocrazia.

Dato che dai migliori c’è sempre da imparare e dato che riteniamo giusto dare voce e visibilità a chi si è dimostrato in grado, con il prezioso ausilio dei suoi collaboratori, di costruire un poco alla volta una macchina così perfetta come l’attuale Nazionale uzbeka, abbiamo contattato il signor Tulkin Kilichev, che ha gentilmente accettato di rispondere alle domande di Boxe Punch.

Dalle sue parole emerge piuttosto chiaramente che non esistono formule magiche per ottenere risultati straordinari in tempo di record e che il lavoro meticoloso, se portato avanti con la giusta umiltà e con la dovuta disciplina, alla fine porta i suoi frutti. Ecco a voi ciò che ci siamo detti.


Dopo aver conquistato 5 medaglie d’oro alle Olimpiadi di Parigi e 6 medaglie d’oro ai Mondiali di Liverpool, la Nazionale maschile di pugilato dell’Uzbekistan si è imposta all’attenzione del mondo intero come una squadra davvero formidabile. Senza rivelare segreti, potrebbe dirci quali sono stati gli elementi chiave per raggiungere risultati così straordinari?

Sì, il pugilato si è sviluppato molto bene nel nostro Paese negli ultimi dieci anni, principalmente grazie al sostegno diretto del nostro stimato Presidente nei confronti dei pugili e degli allenatori. Ciò include la creazione di condizioni favorevoli all’unità, alla disciplina, alla selezione meritocratica dei talenti, all’istruzione e al rispetto verso i più anziani. Tutto questo ci ha portato a ottenere questi risultati.

Ritiene che i metodi applicati per la crescita della vostra Nazionale dilettantistica possano, con alcuni adattamenti, essere utilizzati anche per costruire carriere professionistiche di successo?

Sì, certo, la carriera dilettantistica di un pugile è fondamentale per il suo futuro da professionista. Rappresenta l’80% delle basi su cui costruire e una buona scuola di pugilato dilettantistico aiuta i professionisti a conquistare Titoli più rapidamente. Se utilizzano correttamente le loro capacità, coloro che hanno avuto una carriera dilettantistica di successo possono competere a lungo tra i professionisti. Ci sono molti esempi come Usyk, Bivol, Beterbiev, Lomachenko, i fratelli Klitschko e tanti altri. L’allenamento dilettantistico deve essere coordinato con quello professionistico e, se fatto nel modo giusto, porta ottimi risultati. Trovare l’approccio corretto e apportare gli opportuni aggiustamenti è la chiave del successo.

Sperate che i vostri pugili più talentuosi passino al professionismo o preferite mantenerli in Nazionale il più a lungo possibile?

Organizziamo anche incontri professionistici in parallelo, proprio in vista del futuro. Quando abbiamo tempo, tra un torneo internazionale e un altro, i nostri migliori dilettanti disputano dei match professionistici. Questo li aiuterà a passare più rapidamente al professionismo una volta conclusa la carriera dilettantistica.

In Italia si discute spesso, anche con toni polemici, del comportamento di alcuni pugili molto attivi sui social. Qual è il suo atteggiamento al riguardo? Lascia ai suoi atleti totale libertà nella comunicazione con i fan o preferisce stabilire regole e limiti anche per quanto riguarda il loro comportamento fuori dalla palestra?

No, non permettiamo ai pugili di perdere il controllo. Usano i social network e internet, ma la disciplina viene prima di tutto. Sanno cosa possono e non possono dire. Non voglio che si lascino distrarre dai social o che si permetta loro di dire tutto ciò che vogliono, né che le informazioni provenienti dai social esercitino pressione su di loro.

Ritiene che abbiate già raggiunto l’apice della vostra traiettoria o pensa che ci sia ancora spazio per migliorare? Quale obiettivo si pone in vista delle prossime Olimpiadi?

Dico spesso che ho ancora molto da imparare; non mi considero un allenatore di massimo livello. A volte penso di non essere ancora quel tipo di tecnico, di non aver fatto abbastanza. E grazie alla mia educazione, non dirò mai di essere un grande allenatore: vantarsi non fa parte della nostra mentalità. Noi uzbeki abbiamo questa mentalità: la vita evolve, anche il pugilato evolve, non rimane mai fermo. Dobbiamo evolverci per poter restare ai vertici del pugilato mondiale più a lungo. Anche a noi possono capitare momenti difficili, ma quando arriveranno dipenderà soprattutto da noi. Siamo dei massimalisti: puntiamo sempre al miglior risultato possibile. Il nostro obiettivo per Los Angeles è quello di vincere più del 50% delle medaglie d’oro.

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