Impresa storica alla Kingdom Arena di Riyad, dove il picchiatore russo Artur Beterbiev ha battuto ai punti il connazionale Dmitry Bivol per Majority Decision (114 – 114, 115 – 113, 116 – 112), laureandosi campione indiscusso dei pesi mediomassimi. Il vincitore, protagonista di un veemente finale, è ora in possesso delle cinture WBC, WBA, WBO e IBF di categoria e dopo aver ottenuto questo clamoroso successo all’età di 39 anni merita di essere collocato tra i più grandi mediomassimi di sempre.
Dimitry Bivol è stato senz’altro protagonista della miglior partenza. Col suo jab, i suoi spostamenti continui, i suoi uno-due improvvisi e la sua guardia alta ha portato a casa i primi punti sui cartellini dei giudici, approfittando di un inizio piuttosto cauto di Beterbiev.
Il pugile daghestano stazionava stabilmente a centro ring, ma per due round e mezzo ha tenuto a freno l’impulso di attaccare, limitandosi a studiare con attenzione i movimenti del rivale. Soltanto nella seconda metà della terza ripresa Artur ha dato segnali di risveglio, iniziando a tagliare il ring con molta più determinazione, senza tuttavia trovare ancora i varchi giusti per mettere a segno i suoi colpi migliori.
Un primo parziale momento di svolta si è verificato negli ultimi secondi del quarto round, quando Beterbiev, dopo aver cercato senza troppo successo di braccare lo sgusciante avversario per tutta la frazione, è finalmente riuscito a chiuderlo e a castigarlo con alcuni colpi violenti poco prima del suono della campana. Forse troppo poco per vincere il round, ma senz’altro abbastanza per entrare pienamente nel match dal punto di vista psicologico.
Nei tre round successivi difatti si sono viste tutte le doti migliori del pugile daghestano: la sua pressione asfissiante, i suoi ganci destri alti, il suo lavoro al corpo e naturalmente la sua potenza disumana. Basti pensare che il colpo che nel quinto round ha stordito Bivol, dando il via a una fase di grande sofferenza per il pugile nato in Kirghizistan, è stato un jab sinistro!
Discorso a parte merita ciò che è accaduto nel settimo round, poiché l’impatto di una specifica fase concitata sulle dinamiche dell’intero combattimento potrebbe essere stato decisivo. Bivol è andato a segno con un paio di splendide combinazioni a centro ring, riuscendo nell’incredibile impresa di far arretrare il roccioso rivale, ma poco dopo “ha fatto la frittata”.
Contrariamente a quanto si è sempre detto e scritto sulla sua indole da cyborg privo di emozioni, Dmitrii si è fatto trascinare dall’adrenalina del momento e ha cercato un pericolosissimo terzo affondo, venendo incrociato da un gancio sinistro e finendo in balia di Beterbiev nel finale di ripresa. L’episodio ha avuto un impatto doppiamente nefasto su Bivol: innanzitutto gli ha fatto perdere un round che stava vincendo e in secondo luogo lo ha esposto a colpi pesanti che senz’altro gli hanno tolto energie preziose.
Il favorito della vigilia tuttavia non si è lasciato gettare nello sconforto dall’arrembante rimonta del rivale e a partire dall’equilibratissimo ottavo round ha recuperato concentrazione e compostezza, riprendendo in mano il filo che stava tessendo in apertura di match prima che la brutale aggressività di Beterbiev mandasse i suoi piani in frantumi.
Il decimo round è stato per certi versi emblematico nell’evidenziare le difficoltà di interpretazione e di valutazione che questo combattimento ha gettato sulle spalle dei giudici. Dopo aver incassato alcune meravigliose combinazioni di Bivol, giunte pulite a bersaglio in pieno volto, Beterbiev si è trasformato in un carrarmato e nell’ultimo minuto della ripresa ha bombardato le mani alte del rivale con una quantità spaventosa di colpi.
La quasi totalità dei fendenti si è schiantata contro i guantoni di Bivol e non andrebbe dunque considerata ai fini dell’attribuzione del punteggio, ma non c’è alcun dubbio che vedere un pugile chiuso a riccio che arretra affannosamente per un intero minuto sotto il fuoco incessante dell’avversario possa condizionare significativamente i giudici che difatti hanno dato il round a Beterbiev all’unanimità.
Nessun dubbio invece sulle ultime due riprese, che il daghestano si è portato a casa in maniera limpida e netta sballottando da un lato all’altro del ring un Bivol ormai in visibile debito d’ossigeno. In sede di presentazione vi avevamo anticipato quanto vitale fosse per il campione WBA arrivare ai championship round in condizioni di maggior freschezza rispetto al pericoloso avversario. Ebbene, è accaduto l’opposto: a dispetto dei suoi 39 anni, Beterbiev ha chiuso l’incontro in maniera travolgente rendendosi protagonista di quello sprint necessario per mettere la testa avanti sui cartellini.
Dato l’elevato numero di round di dubbia attribuzione, chi vi scrive ritiene che l’esito finale potesse pendere dall’una o dall’altra parte senza scandali. Personalmente mi sono ritrovato con un 115 a 113 in favore di Bivol, ma la vittoria di Beterbiev, anche e soprattutto tenendo conto del finale superlativo, è senz’altro legittima, per quanto il 116 a 112 in suo favore sancito dal signor Pawel Kardyni appaia troppo largo.
Indipendentemente dalle opinioni sul verdetto comunque, quanto fatto da Artur Beterbiev è stato semplicemente mitologico. A quasi quarant’anni di età, reduce da un intervento chirurgico al ginocchio e opposto a un avversario talentuosissimo di sei anni più giovane, Artur ha offerto la prestazione della vita nel giorno più importante della sua gloriosa carriera.
Una performance pazzesca da tutti i punti di vista. Sul piano psicologico, perché non si è minimamente scoraggiato nell’andare sotto nel punteggio nella prima parte dell’incontro. Sul piano tecnico, perché ha usato magistralmente le gambe per rendere il ring piccolissimo. Sul piano fisico, perché ha tenuto ritmi elevatissimi a dispetto del fattore anagrafico ed è andato a prendersi la vittoria al photofinish.
Paragonare i record dei pugili che si battevano nel secolo scorso con quelli dei pugili moderni è estremamente complesso, poiché i primi salivano sul ring con una frequenza infinitamente maggiore, collezionando scalpi e imprese quantitativamente ormai irraggiungibili. Se però si vuol fare lo sforzo di tener conto delle oggettive differenze tra le epoche, dando maggior peso agli aspetti qualitativi rispetto ai freddi numeri, Artur Beterbiev, dopo questa impresa, merita si sedere al tavolo dei più grandi.
Certo mostri sacri come Ezzard Charles, Gene Tunney e Archie Moore restano fuori portata a prescindere dai criteri adottati per la classifica. Certo Bob Foster e Roy Jones Jr hanno scritto probabilmente pagine troppo significative per essere scavalcati. Ma a ridosso della top 5 dei migliori mediomassimi di sempre, a sgomitare fianco a fianco con Michael Spinks, Beterbiev può starci tranquillamente.
Lo sconfitto dal canto suo non ha nulla di cui vergognarsi. Ha combattuto contro una macchina da guerra capace di produrre danni terribili anche soltanto colpendo sulle braccia, ha fatto azioni da cineteca, ha stretto i denti ed è rimasto in piedi in circostanze che avrebbero fatto inginocchiare quasi ogni altro pugile.
Forse Bivol ha da rimproverarsi qualche piccola scelta nella gestione di alcuni momenti cruciali, ma il pugilato è fatto così: occorre decidere il da farsi in una frazione di secondo, sotto il peso di emozioni fortissime e in carenza di ossigeno.
Ad ogni modo, visto l’enorme equilibrio che ha caratterizzato il combattimento e l’ottimo spettacolo offerto, un rematch, benché non obbligato da alcuna clausola contrattuale, sarebbe a mio parere più che auspicabile per il bene degli appassionati della Nobile Arte.