Oggi è il 58esimo compleanno di uno dei pugili più amati di tutti i tempi, il leggendario “Iron” Mike Tyson, che con i suoi KO spettacolari, la sua cattiveria agonistica senza eguali e i suoi irrepetibili movimenti d’attacco ha fatto sognare milioni di persone di ogni angolo del globo. Protagonista di una vita per larghi tratti tormentata e inquieta e di una carriera che lo vide passare dallo strapotere inaudito della gioventù al tracollo fisico degli anni successivi, Tyson divide ancora oggi esperti e appassionati tra chi lo ritiene un fuoriclasse senza eguali e chi mette in dubbio il valore dei suoi principali avversari. Andiamo dunque a ripercorrere le tappe fondamentali che condussero Iron Mike a consacrarsi come il peso massimo più spettacolare di sempre.
Gli insegnamenti di Cus D’Amato e la beffa olimpica
Cresciuto in uno dei quartieri più pericolosi della città di Brooklyn, Mike Tyson ebbe un’infanzia caratterizzata dalla violenza tra risse, soprusi inflitti e subiti, e piccoli crimini che svariate volte lo condussero al carcere minorile. Proprio mentre era sottoposto a detenzione tuttavia, il ragazzo ebbe la prima ispirazione da quel mondo che in seguito sarebbe diventato il caposaldo della sua vita: un incontro con il leggendario Muhammad Ali, che si era recato a trovare i giovani detenuti, gli fece balenare davanti agli occhi la prospettiva di un futuro diverso. A fargli da mentore nel suo percorso di formazione pugilistica, al punto da diventare per lui un vero e proprio padre adottivo, lo storico trainer Cus D’Amato che trovò in Mike l’atleta ideale, per propensione e caratteristiche fisiche, per portare il suo celebre stile “Peek-a-Boo” alla perfezione assoluta. Gli allenamenti estenuanti in palestra uniti alla visione ripetuta dei filmati dei grandi picchiatori del passato resero Tyson una macchina da pugni infernale, tanto che che da dilettante l’allievo prediletto di Cus vinse 48 dei 54 match disputati. Non bastò tuttavia per coronare il sogno di partecipare alle Olimpiadi: il connazionale Henry Tillman riuscì infatti a sconfiggerlo due volte ai punti, non senza controversie, sfruttando astuzia e maggiore esperienza e spingendolo al salto diretto nel professionismo.
La morte di Cus e la scalata trionfale verso il mondiale
Purtroppo D’Amato non fece in tempo a vedere il suo pupillo sul tetto del mondo: il 4 novembre del 1985, quando Mike aveva già disputato e vinto i suoi primi 11 match da pro, l’anziano allenatore venne a mancare, lasciando il suo atleta nelle mani del valido Kevin Rooney, artefice della stessa scuola pugilistica, e del manager Jim Jacobs. Quest’ultimo divenne in breve tempo amico personale e mentore di Tyson prima di morire prematuramente di leucemia nel 1988, un lutto destinato ad avere un impatto significativo e nefasto sulla carriera del picchiatore nato a Brooklyn. Nella boxe a torso nudo Mike risultava ancora più letale di quanto non lo fosse da dilettante e in brevissimo tempo la sua fama raggiunse chiunque si occupasse di pugilato, suscitando nella gente curiosità e interesse. Dei 27 pugili affrontati prima del titolo mondiale, soltanto James Tillis riuscì a creare qualche grattacapo al grande Mike, arrendendosi soltanto ai punti dopo un match per larghi tratti equilibrato; tutti gli altri furono dominati senza appello e quasi tutti messi fuori combattimento. Analoga sorte toccò al detentore della cintura WBC Trevor Berbick, che Tyson annichilì in appena due riprese, vendicando così la sconfitta del suo idolo Muhammad Ali, battuto ai punti da Berbick quand’era ormai in totale declino. Le immagini del campione in carica sballottato da una parte all’altra del ring e incapace di rialzarsi nonostante i molteplici tentativi dopo l’atterramento decisivo fecero il giro del mondo: un nuovo terrificante picchiatore si apprestava a fare la storia dei pesi massimi.
Un regno travolgente concluso con una clamorosa debacle
Da campione del mondo Tyson si costruì ben presto fama di invincibilità. I suoi avversari cadevano come birilli, le sue combinazioni violentissime spingevano chi gli stava davanti ad entrare subito in modalità di sopravvivenza nel tentativo, spesso infruttuoso, di arrivare a sentire l’ultima campana. Devastanti furono le punizioni inflitte a Pinklon Thomas e Tyrell Biggs, terribile il KO siglato sul vecchio Larry Holmes, rientrato dal ritiro per una sfida intergenerazionale che lo vide spazzato via in soli quattro round. Andò persino peggio al campione IBF Michael Spinks, il cui tentativo di aggiudicarsi l’attesissimo match di riunificazione durò appena un minuto e mezzo. Subito dopo questa vittoria lampo qualcosa iniziò a mutare nel team del campione del mondo: il trainer di lunga data Kevin Rooney venne estromesso in seguito a un dissidio di natura economica e la professionalità negli allenamenti di Tyson iniziò progressivamente a calare. Persuaso ormai egli stesso di poter travolgere chiunque senza sforzo, Iron Mike si presentò alla decima difesa del titolo in condizioni di forma scadenti: pochi giorni prima era stato messo addirittura KO dal suo sparring partner Greg Page, un presagio funesto di quello che sarebbe successo sul ring di Tokyo, dove lo sfavoritissimo James “Buster” Douglas onorò la memoria della madre da poco scomparsa mettendo KO il campione dopo un match indimenticabile.
La condanna shock e la doppia sfida col rivale Holyfield
Rientrato sulla scena alla sua maniera, vendicandosi dello stesso Tillman che gli aveva “scippato” il posto alle Olimpiadi con uno spettacolare KO al primo round, Mike sembrava sul punto di tornare a giocarsi il titolo mondiale, ma dopo quattro vittorie consecutive una tegola pesantissima si abbatté sulla sua carriera e sulla sua vita: la reginetta di bellezza Desiree Washington denunciò il pugile di averla violentata e la corte diede ragione alla giovane, condannando Tyson, che tuttora si professa innocente, a 10 anni di reclusione. Ne scontò circa tre, uscendo per buona condotta nel 1995 e provando a riprendere il filo interrotto prima del caso giudiziario, quando un suo match contro l’ex imperatore dei pesi cruiser Evander Holyfield sembrava in procinto di andare in porto. I due si trovarono finalmente di fronte nel novembre del 1996, ma dopo una partenza bruciante Tyson non seppe trovare continuità: insolitamente statico e perennemente intento nella ricerca del singolo colpo risolutore, l’ex allievo di Cus D’Amato fu dominato per larghi tratti e fermato dall’arbitro Mitch Halpern quando appariva ormai sul punto di crollare. Il successivo rematch passò alla storia, ma non per motivi sportivi: dopo aver perso i primi due round e dopo aver dato incoraggianti segnali di risveglio nel terzo, Tyson perse la testa, innervosito dalle testate del rivale, e gli staccò parte dell’orecchio a morsi. L’inevitabile squalifica pose sostanzialmente fine alla carriera di Iron Mike ai massimi livelli.
Gli ultimi squilli di tromba e il triste declino
L’ennesimo rientro mostrò al mondo un Tyson ulteriormente calato rispetto al proprio prime. La sua potenza era ancora considerevole e gli avversari di fascia media che gli venivano messi di fronte non riuscivano a resistere alle sue bordate, ma la sua reattività, l’agilità nei movimenti, la fluidità delle famigerate torsioni sul tronco erano una pallida imitazione di quelle dei tempi d’oro. La sfida pubblicizzata in pompa magna con il nuovo campione unificato Lennox Lewis fu quindi un evento la cui importanza mediatica fu superiore a quella sportiva. Tyson esaurì rapidamente le energie, non riuscì quasi mai ad accorciare la distanza in modo efficace e in ultimo fu steso da un potente gancio destro alla tempia per il conteggio definitivo. Ancor meno significative dal punto di vista della valutazione storica furono le ultime due sconfitte con i modesti Danny Williams e Kevin McBride, capaci di avere la meglio agevolmente su un Iron Mike ormai ombra di sé stesso.
Fortunatamente col passare del tempo e dopo aver dovuto superare altri momenti difficili, dalla bancarotta economica, alla tragica morte della figlioletta Exodus causata da un incidente domestico, Tyson sembra aver finalmente trovato, da un decennio a questa parte, quella serenità che per tanti anni era stata un miraggio irraggiungibile. Una serenità sufficiente a rimettersi in gioco persino tra le sedici corde, prima con il match di esibizione disputato nel 2020 con Roy Jones Jr e ora con il clamoroso annuncio del suo match ufficiale contro lo youtuber Jake Paul, che si terrà il prossimo 15 novembre. Una notizia, quest’ultima, che ha generato molte polemiche e pareri contrastanti, ma questa è un’altra storia.