Esiste una leggenda nel mondo del pugilato in base alla quale una maledizione pende su qualunque peso massimo si avvicini a superare lo storico record del fenomenale Rocky Marciano, in grado di vincere 49 match consecutivi a partire dal suo esordio da professionista. Il 21 settembre del 1985 la maledizione colpì il campione del mondo dei pesi massimi dell’epoca, il grande Larry Holmes.
Holmes a quel tempo aveva messo in piedi un invidiabile record immacolato di 48 vittorie, di cui 34 per KO, ed era universalmente riconosciuto quale campione del mondo dei pesi massimi fin dalla sua risicata vittoria su Ken Norton del 9 giugno 1978, nonostante la WBC nel 1983 gli avesse revocato d’ufficio la cintura difesa 16 volte per il suo rifiuto ad affrontare lo sfidante ufficiale Greg Page per una borsa che non ritenne adeguata. Holmes fu comunque insignito immediatamente della cintura iridata della nascente federazione IBF e la difese con successo in tre occasioni. Benché sia stato spesso accusato dai detrattori della sua era di aver costruito un record numericamente impressionante ma qualitativamente modesto, Holmes aveva dovuto sudare più volte le proverbiali sette camicie per restare imbattuto. Oltre che nella già citata vittoria sul filo di lana con Norton infatti, l’ex sparring partner di Muhammad Ali se l’era vista nera con Earnie Shavers e Renaldo Snipes contro i quali dovette rialzarsi dopo durissimi atterramenti e col passare degli anni, quando la sua brillantezza atletica iniziò a calare, fu messo in difficoltà da pugili mobili e sguscianti come Tim Witherspoon e Carl Williams, con i quali ottenne vittorie ai punti poco convincenti e secondo alcuni controverse. Non era quindi certamente il miglior Larry Holmes quello che nell’autunno del 1985, all’età di quasi 36 anni, si apprestava ad affrontare lo sfidante Michael Spinks, imbattuto dominatore dei pesi mediomassimi che era passato nella categoria regina con la ferma intenzione di compiere la storica impresa di divenirne il nuovo re.
Spinks non aveva sostenuto neppure un match di ambientamento come peso massimo e appena tre mesi e mezzo prima della sfida apparentemente proibitiva contro Larry Holmes aveva difeso la propria corona dei mediomassimi dall’assalto dello sfidante Jim MacDonald, facendo registrare 79,4 chili sulla bilancia. Non deve dunque sorprendere che Holmes fosse il netto favorito dei bookmaker. Per rendere il proprio fisico adatto al salto di categoria Spinks si rivolse al giovane nutrizionista Mackie Shilstone che elaborò per lui una dieta che prevedeva 4500 calorie giornaliere suddivise in un 65% di carboidrati, un 20% di proteine e un 15% di grassi. Intervistato in proposito prima del grande evento Shilstone affermò che benché Spinks fosse aumentato complessivamente di 25 libbre, aveva diminuito la sua percentuale di grasso corporeo che era passata dal 9,1% al 7,2%, cosicché l’aumento di peso era dovuto unicamente all’incremento della massa muscolare. Anche per gli allenamenti Spinks si distaccò dall’approccio tradizionale preferendo sprint molto veloci su distanze contenute alla classica corsa prolungata tanto che alcuni ironizzarono sui suoi metodi domandandosi se invece che per le quindici riprese previste contro Holmes non si stesse allenando per il decathlon.
La maledizione per gli amanti dell’occulto, o più semplicemente il caso per gli scettici, iniziò a gravitare attorno ad Holmes fin dalla preparazione all’incontro. Il pugile di Easton infatti cominciò a sentire un dolore bruciante alla spalla ogni volta che portava il destro. La causa fu inizialmente attribuita alla compressione di un nervo e al pugile furono somministrati antidolorifici, impacchi caldi e massaggi, ma il dolore non accennava a sparire. Holmes si rivolse quindi a uno specialista il quale gli diagnosticò un’ernia del disco alla quinta vertebra e gli consigliò caldamente di sottoporsi a un intervento chirurgico quanto prima. Lo specialista aggiunse che combattere in quelle condizioni sarebbe stato come giocare alla roulette russa: Holmes avrebbe rischiato di restare paralizzato per tutta la vita ad ogni destro scagliato. Altri medici furono convocati e nessuno di essi diede credito a quella previsione inquietante: l’opinione comune era che Holmes fosse in condizione di battersi e che il rischio di subire una paralisi era praticamente nullo. Ciononostante, come Larry racconterà in seguito nella sua autobiografia, le parole del primo specialista consultato rimasero ben impresse nella sua mente e lo resero estremamente timoroso nel portare il destro con la dovuta esplosività.
Il match si tenne, come prescrivevano le regole dell’epoca, sulla durata dei quindici round e fu probabilmente uno dei mondiali più noiosi della storia dei pesi massimi. Larry Holmes tenne costantemente il centro del ring ma dosò gli attacchi con parsimonia affidandosi per larghi tratti al proprio celebre jab sinistro che si rivelò però insufficiente per avere la meglio di un avversario dallo stile assai singolare. “Awkward” lo definirono a più riprese i telecronisti americani: letteralmente “scomodo”, un aggettivo che calza a pennello per descrivere la boxe di Spinks, in apparenza sempre in equilibrio precario, ma assai difficile da inquadrare e capace di far partire improvvise raffiche di colpi da angolazioni inconsuete.
Il campione non diede mai segno di soffrire i colpi del rivale ma faticò oltremodo a far valere il proprio vantaggio fisico poiché l’azione si svolse costantemente dalla lunga distanza: una vera e propria partita a scacchi che tra fasi alterne si mantenne in discreto equilibrio per i primi nove round. La gestualità di Michael Spikns, se possibile, fu ancora più stramba del suo stile poco ortodosso: l’ex mediomassimo dava la sensazione di essere esausto fin dalla quarta ripresa, respirava affannosamente a bocca aperta e tra un round e l’altro crollava sullo sgabello quasi fosse allo stremo delle forze. Proprio quando sembrava che Holmes potesse approfittarne però, Spinks partiva con le sue sfuriate poco eleganti ma spesso efficaci al fine di aggiudicarsi le riprese.
Al termine del nono round il campione pareva aver finalmente trovato la chiave per vincere anche il suo quarantanovesimo match: alcuni montanti al corpo avevano infatti messo Spinks in forte apprensione e con sei round ancora da disputarsi furono in molti a pensare che lo sfidante avesse ormai esaurito le proprie cartucce e stesse per cedere alla maggiore potenza del campione. Avvenne tuttavia l’esatto contrario: Holmes tornò ad essere abulico ed inconsistente mentre Spinks, quasi fosse rinato, salì in cattedra e grazie ad un workrate superiore si aggiudicò quattro tornate consecutive.
A quel punto a Holmes sarebbe servita un’impresa simile a quella che consentì a Joe Louis nel 1941 di mettere fuori combattimento l’ex mediomassimo Billy Conn che lo stava sorprendentemente battendo ai punti. L’assassino di Easton tuttavia non trovò dentro di sé la scintilla giusta per innescare il miracolo: provò a partire con grande aggressività in ciascuno dei due championship round ma la sua furia si esaurì rapidamente.
I giudici premiarono giustamente Michael Spinks che nello stupore generale si laureò nuovo campione del mondo dei pesi massimi. Holmes a caldo accettò la sconfitta con grande signorilità facendo i complimenti all’avversario, attribuendo le proprie difficoltà allo stile inconsueto del rivale e dichiarando di non avere nulla di cui vergognarsi per non aver raggiunto e superato il record di Marciano. Qualcosa cambiò tuttavia nella sua testa successivamente, quando nervoso ed inacidito iniziò ad attaccare i giudici per il loro verdetto e a proposito di Rocky disse: “Io sono un trentacinquenne che affronta un uomo giovane e Rocky era un venticinquenne che ne affrontava uno vecchio. In termini tecnici Rocky non potrebbe nemmeno portarmi il sospensorio.” La frase, oltre ad essere imprecisa dal momento che Marciano vinse il suo ultimo match all’età di 32 anni, fu giudicata infelice ed offensiva da molti addetti ai lavori tanto che lo stesso Larry Holmes in un secondo momento chiese scusa.
Holmes e Spinks si affrontarono in rivincita nell’aprile dell’anno seguente e fu ancora una volta l’ex mediomassimo a spuntarla, stavolta con un verdetto che molti giudicarono ingiusto, ma questa è un’altra storia.
Quanto alla maledizione di Marciano, essa ha continuato ad aleggiare sulla categoria dei pesi massimi fino ai giorni nostri. Particolarmente stupefacente fu il caso di Brian Nielsen, un peso massimo danese che era arrivato ad eguagliare il record del grande Rocky grazie a una carriera piena zeppa di match sostenuti, quasi sempre nel paese natio, contro mestieranti e pugili di seconda fascia. Per il suo cinquantesimo match affrontò il modesto Dicky Ryan, ampiamente alla sua portata, ma durante l’incontro, mentre stava vincendo agevolmente, esaurì improvvisamente le energie annaspando e faticando a tenersi in piedi al punto da costringere l’arbitro a decretarne la sconfitta nel decimo ed ultimo round previsto. Si scoprì in seguito che Nielsen era stato vittima di disidratazione. La leggenda di Rocky Marciano vive ancora tra noi.