Forse quando Saul “Canelo” Alvarez appenderà i guantoni al chiodo le discussioni sul chi sia stato il più forte supermedio di tutti i tempi comprenderanno anche il suo nome, ma oggi i pugili in lizza sono soltanto due: Joe “The Italian Dragon” Calzaghe e Andre “Son Of God” Ward. Chi vincerebbe se per magia fosse possibile far combattere l’una contro l’altra le loro versioni migliori? Ce lo domandiamo in questa nuova puntata di “Fantasy Match”!
Joe Calzaghe: il più sottovalutato dei grandi campioni?
Quando nel marzo del 2006 Joe Calzaghe si apprestava ad affrontare l’imbattuto picchiatore americano Jeff Lacy nell’attesissima sfida di riunificazione dei titoli mondiali IBF e WBO dei supermedi, il Dragone Italiano aveva già difeso la sua cintura 17 volte. Eppure, soprattutto negli Stati Uniti, nei suoi confronti permaneva un considerevole scetticismo da parte degli esperti. Basti pensare che alla vigilia del combattimento il celebre sito web statunitense di informazione sul pugilato BoxingScene condusse un sondaggio all’interno del proprio staff chiedendo a ciascun membro della redazione di esprimere e motivare un pronostico e su 27 risposte soltanto 8 indicarono Calzaghe come vincitore. Chi ha visto quel combattimento sa che Joe inflisse a Lacy una clamorosa lezione di pugilato, dominandolo in lungo e in largo per dodici round a senso unico, ma nonostante quel trionfo sensazionale e nonostante quelli successivi, ancora oggi non tutti sono disposti ad ammettere la grandezza del pugile gallese. Il motivo probabilmente risiede nel fatto che la boxe di Calzaghe non è mai stata esteticamente impeccabile e alcuni esperti faticano ad accettare l’idea che nel pugilato talvolta si può essere tremendamente efficaci anche senza seguire alla lettera il manuale su come vanno portati colpi e su come si sta in guardia.
Andre Ward: un camaleonte del ring
La stragrande maggioranza dei pugili riesce a esprimersi al meglio con un unico stile di combattimento. Soltanto i campioni sono in grado di cambiare pelle, adattandosi alle circostanze, modificando il proprio modo di combattere a seconda del tipo di avversario che hanno di fronte e delle dinamiche del match. Persino molti di loro tuttavia perdono qualcosa in termini di efficacia se costretti a rinunciare al proprio piano A. Andre Ward da questo punto di vista ha sempre fatto eccezione: quasi come un camaleonte, capace di assumere il colore di qualsiasi superficie per mimetizzarsi al meglio, l’americano sceglieva di volta in volta sul ring il ruolo a lui più congeniale trasformandosi in base alle necessità del momento in outfighter elusivo, in counter puncher, in pugile di pressione o in ostruzionista, trovando sempre la chiave giusta per disinnescare la boxe di chi gli stava di fronte. Se l’arbitro glielo concedeva poi, “Son Of God” si dimenticava del suo soprannome e non esitava a varcare i limiti regolamentari per trarne vantaggio: la tentata gomitata contro Bika, le testate contro Kessler, i colpi bassi nel rematch contro Kovalev sono solo alcuni dei “colpi proibiti” del suo repertorio.
Joe Calzaghe vs Andre Ward: il fantasy match!
Categoria: pesi supermedi. Round previsti: 12.
Nel provare a immaginare cosa succederebbe nelle prime fasi di un combattimento tra questi due fenomeni del ring occorre riflettere sul modo in cui ciascuno dei due era solito iniziare i suoi match. Nel farlo ci si rende conto che i due pugili adottavano un approccio diametralmente opposto.
Joe Calzaghe era abituato a partire fortissimo: non appena sentiva il primo suono della campana si avventava sul rivale di turno e lo sommergeva di colpi puntando sull’effetto sorpresa e cercando di mettere a segno quanto prima qualche combinazione significativa che potesse indirizzare il match in suo favore. Queste partenze garibaldine talvolta lo hanno premiato, come quando stese in avvio il più esperto Chris Eubank, destabilizzandolo mentalmente, o come quando distrusse in meno di due minuti l’allora imbattuto Mario Veit. Altre volte la troppa aggressività iniziale lo ha messo in serio pericolo, come quando incappò in un pericoloso destro di Bernard Hopkins ritrovandosi al tappeto nel primo round di un match in cui ha dovuto faticosamente risalire la china.
Andre Ward al contrario era uno slow starter. S.O.G. era per certi versi simile a Floyd Mayweather Jr in termini di approccio iniziale: non svelava immediatamente le sue carte, preferendo prendersi qualche ripresa per studiare al meglio le movenze, lo stile e la potenza di chi aveva di fronte prima di adottare la migliore strategia possibile e iniziare a tessere la sua tela. Non è un caso che la maggior parte dei pochissimi round che l’americano ha perso in carriera siano collocati nelle fasi iniziali dei suoi combattimenti e che persino pugili piuttosto limitati sul piano tecnico come Edison Miranda e Artur Abraham abbiano dato ai loro tifosi l’effimera illusione di poter competere con Ward per qualche minuto prima di essere dominati senza appello dal fuoriclasse americano.
Tenendo conto dei rispettivi approcci iniziali è probabile che la prima parte del combattimento sarebbe stata favorevole a Calzaghe. La potenza e l’esplosività di Ward infatti, per quanto senz’altro rispettabili, non sono mai state il suo punto di forza e chi vi scrive non ritiene molto probabile che l’americano sarebbe riuscito immediatamente a trovare il varco giusto per punire il pressing indiavolato dell’avversario. Oltretutto, dal momento che riflettere e ragionare mentre qualcuno ti si scaraventa addosso a ogni passo che fai, scagliando su di te colpi a ripetizione da tutte le angolazioni, non è esattamente la cosa più semplice del mondo, la fase di studio necessaria a Ward per calibrare il suo piano tattico sarebbe potuta durare più del solito. S.O.G. si sarebbe così trovato a fare i conti con uno svantaggio iniziale simile a quello che gravò su di lui, per motivi diversi, la prima volta che affrontò Sergey Kovalev.
Individuare lo stile giusto per disinnescare la boxe di Calzaghe non sarebbe stato semplice. Una condotta elusiva non avrebbe dato grandi frutti perché il pugile gallese tagliava benissimo il ring chiudendo tutti gli spazi; d’altro canto neppure una condotta ostruzionistica finalizzata a rendere il match caotico e pieno di clinch sarebbe stata un’idea geniale poiché Joe ne sapeva una più del diavolo e nemmeno un maestro inarrivabile del corpo a corpo come Bernard Hopkins riuscì a fargli pagare dazio nelle fasi di contatto. Ward era tuttavia un genio del ring e col passare dei minuti sarebbe riuscito con ogni probabilità a trovare lo stile migliore: quello del colpitore d’incontro.
La cosa migliore da fare, per depotenziare il pugilato atipico e asfissiante del Dragone Italiano, piuttosto che correre per il ring o avvinghiarsi a lui, era quella di piantare i piedi, lasciargli l’iniziativa e rientrare improvvisamente con colpi secchi e precisi dopo averlo mandato a vuoto, in modo da costringerlo a pensare e ad esitare prima di buttarsi dentro. È in questo modo che Robin Reid gli creò grossi grattacapi nel 1999 ed è sempre in questo modo che Bernard Hopkins lo tenne a bada nella prima metà del loro combattimento prima di calare vistosamente sul piano atletico.
Esaurita la verve iniziale e trovandosi a dover fare i conti con un Ward pienamente calato nel suolo di incontrista, intento a punirlo con repliche immediate a ogni minimo errore, Calzaghe avrebbe probabilmente perso slancio e depauperato almeno una parte del suo iniziale vantaggio. A incidere negativamente sul rendimento del Dragone Italiano sarebbe stato in particolare l’inevitabile abbassamento dei ritmi imposto sapientemente da Ward, che avrebbe fatto risaltare agli occhi dei giudici la maggior pulizia dei fendenti dell’americano e la sua impostazione tecnica più ortodossa.
Appare quindi verosimile agli occhi di chi vi scrive che i due pugili sarebbero arrivati ai championship round in condizioni di grande equilibrio sui cartellini. A quel punto l’esito finale sarebbe dipeso da una moltitudine di fattori che è estremamente difficile prevedere in astratto. Quanto permissivo sarebbe stato l’arbitro? Quale metro di giudizio avrebbero adottato i giudici? Chi tra i due contendenti avrebbe conservato un po’ di energia in più per chiudere meglio il combattimento? Le risposte a queste e altre domande avrebbero determinato l’identità del vincitore e in assenza di elementi sufficienti per ottenerle non possiamo far altro che affidarci alla fantasia.
Personalmente credo che tra i due pugili Joe Calzaghe avrebbe speso qualcosina di più in termini di benzina consumata per arrivare al gran finale col risultato ancora in bilico. In virtù della sua capacità di gestire le energie e della sua eccellente condizione atletica, credo quindi che Andre Ward sarebbe riuscito a produrre l’ultimo sforzo per aggiudicarsi il match quantomeno su un paio di cartellini, dando poi origine a un’infinita serie di polemiche tra opposte fazioni che sarebbero durate decenni.
Fanta-pronostico: Calzaghe sarebbe partito alla grande approfittando dell’inizio lento del rivale e mettendo punti in cassaforte per alcuni round. Ward avrebbe reagito adottando il ruolo di counter puncher e costringendo l’avversario ad abbassare i ritmi e a prendersi pause più lunghe tra un attacco e l’altro. In un finale thriller, contraddistinto da notevole equilibrio, l’americano avrebbe dimostrato una maggior freschezza aggiudicandosi per un soffio la preferenza dei giudici. Risultato: Andre Ward batte Joe Calzaghe per Split Decision.