“Stasera ho vinto anch’io”: 10 vittorie di pugili collaudatori

Prendiamo in prestito il titolo della versione italiana del grande film diretto da Robert Wise (titolo originale: The set-up), per parlarvi dei cosiddetti “pugili collaudatori”. Si tratta di atleti generalmente privi di grosse ambizioni sportive, abituati a salire sul ring con lo scopo di guadagnarsi la pagnotta e senza particolari sogni di gloria. Impossibilitati a puntare a titoli prestigiosi per limiti di età o per lacune tecniche e fisiche, vengono chiamati dagli organizzatori per far acquisire esperienza a pugili emergenti e in rampa di lancio. Capita tuttavia a volte, benché piuttosto raramente, che il collaudatore di turno rovini i piani di chi lo ha ingaggiato sbaragliando il vincitore designato e togliendosi una piccola grande soddisfazione. Nell’approfondimento di oggi torniamo con la memoria a dieci di quei casi in cui un collaudatore ha potuto esclamare “Stasera ho vinto anch’io!”

Wayne Bethea batte Franco De Piccoli (1963)

Vincitore delle Olimpiadi di Roma nel 1960, De Piccoli aveva collezionato da pro ben 25 vittorie consecutive, di cui 20 per KO, prima di trovarsi di fronte il coriaceo statunitense. Bethea, già impiegato per testare diversi pugili di prima fascia e forte di una mascella sensazionale, assorbì i migliori colpi del nostro portacolori prima di stenderlo con un’azione a due mani seguita da un terribile destro al mento nel corso del quarto round.

Tom Bethea batte Nino Benvenuti (1970)

Osservando a posteriori il record di “Tom The Bomb” ci si accorge che si trattava di un pugile da non prendere sottogamba, dato che si era arreso in Argentina all’immenso Carlos Monzon soltanto per Split Decision. All’epoca tuttavia Monzon non era ancora conosciuto e Benvenuti si recò in Australia convinto di poter disporre facilmente dell’americano, reduce da quattro sconfitte consecutive. Un atterramento e una costola rotta costrinsero Nino al ritiro in otto round.

Everett Martin batte Tim Witherspoon (1992)

Da una parte un pugile reduce da nove sconfitte consecutive e ritenuto privo di grosse qualità (Martin), dall’altra l’uomo che secondo molti aveva battuto Larry Holmes, in striscia positiva da 12 match (Witherspoon). “Terrible Tim” si presentò in uno stato di forma pessimo, come diverse volte gli era successo in carriera, e dopo un match orrendo in cui il numero di clinch fu superiore al numero dei colpi puliti, fu sopraffatto per Split Decision.

Jesse Ferguson batte Ray Mercer (1993)

A Mercer non è mai mancato il talento, ma non sempre l’americano si presentava sul ring ben allenato. Stando alle successive rivelazioni di Ferguson, per non dover rinunciare al match che gli era stato promesso contro Riddick Bowe e alla relativa borsa succulenta, “Merciless” cercò di corrompere il collaudatore americano, offrendogli 100mila dollari affinché non approfittasse della sua scarsa preparazione e si lasciasse cadere al tappeto. Ferguson non accettò la proposta, denunciò Mercer alle autorità e gli inflisse una dura sconfitta ai punti. Le accuse tuttavia non sono mai state provate.

Willy Salazar batte Danny Romero Jr (1995)

Il 21enne Romero Jr, già campione IBF dei pesi mosca, era imbattuto e lanciatissimo verso grandi traguardi e aveva fatto registrare 2 chili e mezzo in più rispetto al veterano Salazar, in apparente declino. Quest’ultimo tuttavia, pur andando sotto su tutti e tre i cartellini, provocò al connazionale una frattura all’orbita oculare costringendo il medico a fermare la contesa. Il risultato fu talmente inatteso da essere nominato “Upset of the Year” dalla rivista The Ring.

Bert Cooper batte Richie Melito (1997)

Cooper era stato ben più che un semplice collaudatore nella prima parte della sua carriera, ma nel 1997, logoro dopo tante battaglie cruente, l’americano non sembrava più in grado nemmeno di testare a dovere le nuove leve. Il record immacolato di Melito era stato costruito però grazie a diversi match truccati dal suo manager a insaputa del pugile. Quest’ultimo in verità non valeva granché: Cooper lo smascherò con un durissimo KO nel primo round.

Ross Puritty batte Wladimir Klitschko (1998)

Puritty era più rigido di un palo della luce e sul ring trascorreva buona parte del tempo ad incassare colpi su colpi. Non era quindi impresa ardua superarlo ai punti agendo d’astuzia, ma farci a botte senza criterio poteva risultare molto pericoloso. Lo imparò a sue spese il giovane Wladimir, che per dieci round colpì l’americano fino allo sfinimento salvo poi esaurire le forze e capitolare sulle sue repliche subendo uno scioccante KO.

Maurice Harris batte Siarhei Liakhovich (2002)

Autore di un record dilettantistico eccellente (145-15), il bielorusso Liakhovich si stava facendo strada anche nel mondo dei pro e nelle attese dei suoi manager avrebbe dovuto battere senza problemi l’altalenante Harris, già sconfitto in dodici occasioni e reduce da una rovinosa batosta contro Akinwande che lo aveva steso in un solo round. “Mo Bettah” però stordì il più quotato rivale con due destri nella nona ripresa e lo mise fuori gioco con un micidiale gancio sinistro.

Darnell Boone batte Adonis Stevenson (2010)

“Ero stato fermo troppo a lungo”, “Non ero allenato”, “Ero circondato da persone sbagliate”: queste ed altre scuse furono accampate da Stevenson per spiegare quell’incredibile debacle, ma la verità è che Boone era un brutto cliente per tutti. L’americano ammorbidì le resistenze dell’inesperto rivale nel primo round per poi spegnergli le lampadine in apertura di seconda ripresa con un terrificante destro al volto.

Siarhei Khamitski batte Adam Etches (2014)

Diciotto vittorie consecutive di cui ben quindici giunte con le maniere forti: questo il curriculum di tutto rispetto con cui il 24enne Etches, promettente picchiatore inglese, giungeva al test più impegnativo della sua carriera. La sua potenza bruta non gli bastò però ad avere la meglio sul 40enne Khamitski. Nonostante lo svantaggio anagrafico il bielorusso lo tramortì infatti con un destro da cineteca provocando lo stop nel quarto round.

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