L’appello accorato della madre di Tommy Morrison

DiMario Salomone

Ott 30, 2025

L’ex campione del mondo dei pesi massimi Tommy Morrison, detto “The Duke”, ci ha lasciato poco più di dodici anni fa, all’età di soli 44 anni. La sua esistenza è stata contraddistinta da una vertiginosa ascesa verso la gloria, la fama e il successo, seguita da un altrettanto brusco tracollo, iniziato con la scoperta di aver contratto l’AIDS (clicca qui per leggere la sua storia). Le sofferenze che la sua tragica sorte ha inferto alla sua famiglia non sono però ancora terminate, come emerge dalle parole di Diane Morrison, madre del defunto campione.

Diane ha affidato a Tony Holden, ex manager di Tommy, una lettera aperta, chiedendogli di diffonderla affinché raggiunga il maggior numero possibile di persone. Il suo non è un semplice sfogo, ma una richiesta di aiuto indirizzata a chiunque voglia stare al suo fianco nella battaglia contro le menzogne che dodici anni dopo il suo decesso continuano a turbare la pace della famiglia Morrison e di chi voleva davvero bene all’ex pugile.

Pubblichiamo di seguito, in via integrale, la lettera della signora Diane Morrison.

Con il cuore pesante, scrivo queste parole non perché voglia farlo, ma perché sento di doverlo fare.
Mi chiamo Diane Morrison e sono la madre di Tommy Morrison. Molti di voi lo conoscevano come il campione dei pesi massimi Tommy “The Duke” Morrison.

Mio figlio se n’è andato da più di dodici anni. Eppure mi sembra ancora ieri. La sua scomparsa è qualcosa di cui parlo raramente, perché il dolore non svanisce mai davvero.

Trisha Harding, che mio figlio sposò mentre combatteva contro la dipendenza dalle droghe e in uno stato mentale confuso, ha preso il controllo dell’eredità di Tommy e sta diffondendo teorie cospirazioniste per ottenere fama personale.

Ora Trisha, che è inglese, ha convinto un produttore del Regno Unito a realizzare un documentario su Tommy intitolato “I Am Tommy Morrison”, del quale lei stessa fa parte come produttrice. Ha partecipato a convention del WBC, convincendo grandi campioni e figure del pugilato a rilasciare interviste. Credono di rendere omaggio a mio figlio — e gliene sono davvero grata — ma non sanno che questo documentario sarà pieno delle teorie complottiste di Trisha, secondo cui Tommy non avrebbe mai avuto l’HIV. Questo documentario deve essere fermato.

Il film è già in produzione e dovrebbe uscire l’anno prossimo. Chiedo a chiunque sia stato intervistato di contattarmi o informare il produttore e chiedere che la propria intervista venga rimossa. Questo documentario si baserà su informazioni false, nascondendo la verità e coprendo i fatti, solo per sostenere la teoria secondo cui mio figlio non avrebbe mai avuto l’HIV.

Non mi piace farlo, ma devo raccontare l’esperienza e il dolore che Trisha Harding ha inflitto alla nostra famiglia.

Negli ultimi due anni di vita, Tommy non era più lucido. Stava combattendo contro l’HIV e contro la dipendenza dalle droghe. Fu in quel periodo che conobbe e sposò una donna di nome Trisha Harding.

Mi sono presa cura di Tommy per un periodo nei suoi ultimi giorni. Vederlo peggiorare a causa dell’AIDS è stata la cosa più difficile che una madre possa affrontare. Quando morì, tutto ciò che seguì sembrava irreale.

Trisha si rifiutò di lasciarci riportare a casa il corpo per un funerale adeguato. Disse che avrebbe trasformato le sue ceneri in collane da portare in giro per il Paese, per donarle ad amici e fan, sostenendo che fosse ciò che Tommy desiderava. Forse lo disse una volta, in uno stato mentale confuso e delirante, ma io conoscevo mio figlio. Da lucido, non avrebbe mai voluto una cosa simile.

La nostra famiglia la supplicò di lasciarci riportare il corpo a casa. Trisha ignorò le nostre richieste.

Il caro amico e promoter di Tommy, Tony, cercò di aiutarci. Alla fine ci disse che lei aveva accettato di rilasciare il corpo alla nostra famiglia. Per un momento provammo sollievo. Organizziammo tutto: un direttore di un’agenzia funebre partì per Omaha per recuperare il corpo di Tommy, ma dopo alcune ore di viaggio ricevemmo la chiamata che ci distrusse — Trisha aveva cambiato idea.

Non posso descrivere il dolore che provai. Stavo già cercando di elaborare il lutto per la morte di mio figlio, e dovetti affrontare anche questo.

Trisha decise di cremare il corpo. Promise di inviarci una piccola parte delle ceneri per la sepoltura.

Da lì, le cose peggiorarono ulteriormente. Prese il controllo dell’eredità e cominciò a dichiarare pubblicamente che Tommy non aveva mai avuto l’HIV o l’AIDS. L’ho vista diffondere queste bugie online, e ho persino visto conduttori di podcast — persone che non avevano mai conosciuto mio figlio — essere “ricompensati” da Trisha con resti del corpo di mio figlio. Come madre, non potete immaginare l’orrore e il dolore che ho provato, e che provo ancora oggi ogni volta che accade.

Non capisco come possa continuare a diffondere queste menzogne sul fatto che Tommy non avesse l’HIV. Io c’ero. Ho visto i referti medici. Sapevo cosa stava attraversando mio figlio. La nascita del più giovane dei suoi figli fu complicata ma riuscita, poiché il virus dell’HIV fu rimosso dal suo sperma per garantire che mio nipote nascesse negativo.

È arrivata perfino al punto di convincere un nostro parente a fingersi Tommy per un test HIV. Lo accompagnò in una clinica, gli fecero un prelievo e, naturalmente, il test risultò negativo. Continuò a nascondere i risultati positivi, anche se erano documentati. Quando fece causa al Nevada, gli avvocati della difesa convocarono tutti i medici di mio figlio, e i test risultarono tutti positivi. Lei sfruttò le leggi HIPAA per impedire che quei risultati diventassero pubblici, eppure continua a sostenere che non esistano test positivi.

Anche quando Tommy era nella fase di negazione, stava assumendo di nascosto i farmaci per l’HIV. La sua ex moglie e i suoi medici possono confermarlo. Ma una volta sposato con Trisha, smise di prenderli — e sappiamo tutti com’è finita.

In seguito, Trisha tentò di fare causa alla Nevada Athletic Commission chiedendo oltre 100 milioni di dollari, nel tentativo di arricchirsi. La sua causa era debolissima, priva di fondamento, e la perse in modo disastroso. Ora sta portando la questione davanti al pubblico, manipolando i documenti e puntando tutto sulle sue teorie del complotto.

Ha anche preso il controllo dei beni di mio figlio e continua a trattenere un deposito pieno di memorabilia e trofei di cui Tommy andava fiero. Non c’è dubbio che avrebbe voluto che tutto andasse ai suoi figli. Dopo dodici anni, due dei suoi figli non hanno ricevuto nulla.

Continua a pubblicare foto e post mostrando i cimeli di Tommy che ancora detiene.

La nostra famiglia, insieme ai membri del team di Tommy, ha inviato una diffida legale tramite il nostro avvocato, chiedendole di smettere di diffondere bugie e teorie complottiste. Con ulteriore mancanza di rispetto, lei l’ha ignorata. Purtroppo, non abbiamo avuto i mezzi economici per continuare la battaglia legale.

Sono passati più di dodici anni e non riesco ancora a trovare pace, perché Trisha Harding non smette. Stiamo ora aprendo una pagina GoFundMe per raccogliere fondi e intraprendere un’azione legale contro Trisha Harding, il produttore e tutti i distributori del documentario I Am Tommy Morrison. La famiglia non chiede alcun risarcimento: vogliamo solo che lei smetta e lasci la nostra famiglia in pace.

Sono orgogliosa della mia famiglia e degli amici più cari di Tommy che hanno rifiutato di prendere parte al progetto. Trisha continua a cercare chiunque disposto a partecipare, nella speranza di rendere credibile la sua versione dei fatti. Ma chi ha conosciuto e amato davvero Tommy sa la verità. Posso affermare con certezza che Trisha Harding non ha mai conosciuto davvero mio figlio. Era accanto a lui quando non era più lucido — purtroppo a causa dell’abuso di droghe dovuto ai cambiamenti della sua vita, che molti di noi non avrebbero mai potuto sopportare.

Voglio solo dire che mio figlio Tommy era un uomo straordinario, e la gente non ha idea di ciò che ha dovuto affrontare. Quando cadeva nella dipendenza, lottava per risollevarsi e tornare sobrio — e ci riusciva, anche se solo per un breve tempo. Tutti noi amiamo e rimpiangiamo il suo grande cuore e il suo sorriso luminoso. Chiediamo a Trisha Harding di smettere, una volta per tutte, e di lasciare la nostra famiglia in pace.

Non mi piace condividere il dolore privato della mia famiglia, ma voglio solo che tutto questo finisca, così da poter finalmente trovare pace e iniziare a guarire.

Grazie per aver trovato il tempo di leggere queste parole.
Diane Morrison
Madre di Tommy “The Duke” Morrison

Chi volesse accogliere l’appello di Diane e donare per aiutarla a sostenere le spese legali, può farlo cliccando qui.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *