Una notizia davvero drammatica ha rovinato in modo irreparabile quello che doveva essere un bellissimo weekend per il pugilato. L’ex campione del mondo dei pesi superleggeri e dei pesi welter Ricky Hatton, detto “The Hitman”, è stato infatti trovato morto nella sua abitazione a Greater Manchester dalle forze di polizia. Aveva solo 46 anni.
Le fonti ufficiali non hanno ancora chiarito le cause del decesso, ma nel comunicato diramato dalla polizia si afferma che le circostanze della morte di Hatton “non vengono ritenute sospette”. Inevitabile da parte di chi conosce la storia recente del popolarissimo ex atleta inglese ripensare ai problemi di salute mentale e ai passati tentativi di suicidio che lui stesso ha ammesso pubblicamente.
Hatton era amato soprattutto perché sul ring gettava il cuore oltre l’ostacolo e non si risparmiava mai. La sua natura di autentico guerriero emerse già quando aveva soltanto 22 anni e si recò nella lontana Detroit per un match che sulla carta doveva essere di routine. Ferito al volto dal modesto Gilbert Quiros e in procinto di essere fermato dal medico per via del sangue che gli sgorgava copioso dal suo volto, Ricky si avventò sull’avversario con furia selvaggia mettendolo KO al secondo round ed evitando la debacle.
Fatta sua la cintura minore WBU, Hatton la difese ben quindici volte, acquisendo esperienza e affinando tra le altre cose la sua arma più acuminata: un montante sinistro al fegato destinato a diventare il suo vero e proprio marchio di fabbrica.
Fatta la necessaria gavetta, l’inglese visse la serata più straordinaria e indimenticabile della sua carriera nel giugno del 2005, quando indusse al ritiro il fortissimo campione del mondo IBF dei superleggeri Kostya Tszyu dopo undici riprese intense e combattute su ritmi indiavolati.
Capace di arricchire il suo palmares anche con la cintura di campione del mondo WBA dei pesi welter grazie a una vittoria sofferta sul coriaceo Luis Collazo, Hatton conservò la sua imbattibilità per 43 match consecutivi prima di finire KO contro il fuoriclasse Floyd Mayweather Jr. Una sconfitta accettata con sportività da Ricky, che conservò però l’amarezza per un arbitraggio, quello di Joe Cortez, che gli negò costantemente il corpo a corpo, con break chiamati a getto continuo.
Dopo due convincenti vittorie Hatton trovò sulla sua strada un altro campione immenso, il formidabile Manny Pacquiao, che lo fermò in due riprese ponendo sostanzialmente fine alla sua carriera ad altri livelli. Infruttuoso fu infatti il tentativo di rientrare sul ring tre anni e mezzo dopo.
Da allora il mitico Hitman ha faticato a trovare la serenità, tra periodi di apparente rinascita e cadute rovinose nell’abisso della depressione. Negli ultimi mesi si stava allenando per rimettersi in forma e tentare un clamoroso ritorno sul ring, previsto per il mese di dicembre. Era forse un disperato tentativo di alleggerire la sua mente da cattivi pensieri dandosi un obiettivo felice.
Hatton era amato, oltre che per ciò che faceva sul quadrato, anche perché era una persona genuina e cordiale al di fuori del ring. Non negava mai una foto o un autografo ai suoi fan, per quanto numerosi fossero quelli che glieli chiedevano.
Non è un caso che i suoi tifosi fossero disposti a seguirlo in capo al mondo. A Las Vegas, in occasione dell’epico scontro con Mayweather, l’inno nazionale inglese risuonava in tutta la struttura durante il combattimento. Persino l’ultimo match ufficiale della carriera di Hitman, contro Senchenko, nonostante l’inglese fosse ormai chiaramente un pugile al capolinea, richiamò una folla oceanica. Le grida di incitamento a rialzarsi quando Ricky cadde al tappeto per l’ultima volta, pur non riuscendo nel loro intento, avrebbero messo i brividi a chiunque.
Oggi Ricky non c’è più, ed è una vera tragedia che un uomo capace di regalare tante emozioni e di suscitare l’affetto spontaneo di tanta gente se ne sia andato così presto. Boxe Punch esprime la sua vicinanza alla famiglia e a tutti coloro che gli volevano bene.
THERE IS ONLY ONE RICKY HATTON!