Fin dalle ore successive al suo secondo trionfo conseguito ai danni del gigantesco Tyson Fury, l’attuale campione del mondo dei pesi massimi Oleksandr Usyk è diventato oggetto di una marea di discussioni sulla sua collocazione in una classifica dei migliori pesi massimi di sempre. Le opinioni, naturalmente, sono le più disparate: se da una parte c’è chi come Carl Frampton si domanda addirittura se Usyk possa essere considerato il più grande di tutti i tempi, dall’altra c’è chi come Timothy Bradley non ritiene l’ucraino nemmeno meritevole di entrare nella top 10. Qual è dunque la verità?
Usyk tra i più grandi: sì o no? Dipende…
Diciamolo molto chiaramente: l’unica risposta onesta e oggettiva che si può dare alla domanda “Usyk merita di essere inserito nella top 10 dei migliori pesi massimi di sempre?” è “Dipende”. Non esistono infatti criteri prestabiliti e indiscutibili su come vada compilata una classifica di pugili protagonisti di epoche differenti, il che implica che ogni esperto e ogni appassionato, nel fare la sua, segue una propria logica, spesso diversa da quella degli altri.
I parametri che possono essere presi in considerazione sono innumerevoli: dalla durata del regno mondiale, alla qualità degli avversari battuti, alla capacità di vendicare le proprie sconfitte, alle doti tecniche, fisiche e psicologiche, alla profondità del record, all’epicità dei combattimenti disputati…
Anche volendoli prendere in esame tutti, basta dare un peso leggermente diverso a un aspetto rispetto a un altro per ottenere una classifica stravolta. Le graduatorie dunque sono tutte giuste e rispettabili, purché chi le compila sia in grado di spiegare la logica adoperata.
Cosa vuol dire “di sempre”? Il dilemma della data di inizio
Chiunque si trovi a realizzare una classifica intergenerazionale di pugilato si scontra subito con un arduo dilemma: da quale anno in poi iniziare a prendere in esame i pugili dell’antico passato? Tradizionalmente si considera John L. Sullivan il primo campione del mondo della storia dei pesi massimi (titolo attribuitogli per “pubblica acclamazione” nel 1885) e ci sono esimi conoscitori di boxe che inseriscono senza tentennamenti il suo nome e quello di altri “pionieri” della Nobile Arte come James J. Corbett e Bob Fitzsimmons nelle loro graduatorie, ma questo approccio presenta più di un problema.
Non soltanto prima del 1922, anno della prima pubblicazione della rivista The Ring, non vi era alcuna istituzione deputata a stabilire l’identità del campione del mondo e a selezionare il più degno tra gli sfidanti, ma la stessa esistenza della “color line”, la barriera immaginaria che impediva ai pugili di colore di battersi per il titolo, rende impossibile una corretta classificazione dei migliori combattenti dell’antichità.
A questo si aggiunga che la boxe degli albori era profondamente diversa da quella attuale: dai guantoni sottilissimi, al metro arbitrale estremamente permissivo, alla variabilità del numero dei round (talvolta senza limiti), alla possibilità di avventarsi sull’avversario non appena si rialzava da terra, alla facoltà di stare avvinghiati al rivale per interi minuti: troppe cose erano differenti.
Per ovviare alle problematiche descritte, a cui va sommata l’assenza di un numero sufficiente di filmati di qualità quantomeno decorosa, necessari per una corretta valutazione, chi vi scrive preferisce stilare la sua classifica partendo dagli anni ’30 del secolo scorso, senza voler per questo sminuire la grandezza di pugili antecedenti come Jack Johnson e Jack Dempsey.
Profondità del record e durata del regno mondiale di Oleksandr Usyk
L’aspetto che più viene contestato a Usyk da parte dei suoi detrattori è il numero esiguo dei combattimenti professionistici disputati, a oggi appena 23. Personalmente ritengo tuttavia che attribuire un peso significativo alla mera quantità di incontri fatti, renderebbe le classifiche assai poco interessanti, spingendo inevitabilmente verso il basso quasi qualunque pugile dell’era moderna.
Non si può ignorare il fatto che le dinamiche del pugilato, per motivi peraltro più che giustificati come la salvaguardia della salute, siano profondamente mutate negli ultimi decenni e che al giorno d’oggi la frequenza con cui un pugile professionista sale sul quadrato sia drasticamente calata.
Ben più sensato è dunque focalizzarsi sui match validi per il titolo mondiale: la cosiddetta “durata del regno” ci dice infatti quanto a lungo un pugile è riuscito a restare al top assoluto prima di essere spodestato. Stabilire questo numero, nel caso di Usyk, è tuttavia un’operazione non banale, per almeno due motivi.
Il primo motivo riguarda la duplicità del regno di Usyk: prima imperatore dei cruiser e poi dei massimi. L’istituzione della divisione dei pesi cruiser, con l’attuale limite di 200 libbre, è decisamente recente. I campioni della “categoria regina” di una volta, affrontavano alternativamente sfidanti di circa 90 chili e sfidanti assai più pesanti; Usyk, per via del cambiamento normativo, ha dovuto invece battere prima i primi e poi i secondi.
Ignorare i suoi successi da peso cruiser, nel paragonarlo ai suoi predecessori, sarebbe dunque ingiusto. Basti pensare che Muhammad Ali, da molti considerato il più grande peso massimo di sempre, ha esordito da professionista con un peso di appena 87 chili: se fosse nato oggi avrebbe certamente iniziato nei cruiser, proprio come ha fatto Usyk.
Un altro problema è dato dal frazionamento delle sigle mondiali. Se contiamo tutti i match vinti da Usyk con un titolo mondiale in palio, arriviamo a un totale di dodici, cifra superiore a quella di diversi “all time greats” (si pensi ad esempio che Rocky Marciano ne ha appena sette). Non appare giusto però conferire lo stesso valore alla “cintura unica” di una volta e alle “cinture separate” di oggi, che non certificano la superiorità sugli altri detentori.
Le qualità di Oleksandr Usyk
Mettere a paragone le qualità tecniche e fisiche di pugili di epoche diverse è un esercizio complesso che va approcciato con cautela. Se fosse semplice stabilire in modo esatto valori e capacità esaminando i filmati dei pugili, tutti gli esperti diventerebbero ricchi grazie alle scommesse, il che non sembra avvenire. Spesso chi “a occhio” ci sembra fortissimo si rivela poi lacunoso, mentre chi appare formidabile ci delude: l’imprevedibilità è un tratto distintivo di questo sport.
Nella consapevolezza che il mio giudizio sia soggettivo e certamente opinabile, ritengo che le doti tecniche, fisiche e mentali di Oleksandr Usyk siano di primissimo livello, assolutamente comparabili a quelle dei migliori pesi massimi della storia. Tra tutte, ve ne sono due che a mio parere spiccano sulle altre: il gioco di gambe e la resistenza aerobica.
Il footwork di Usyk è merce rarissima nelle categorie pesanti. Oggi l’ucraino, prossimo a compiere 38 anni e con diversi chili in più sul groppone, non schizza da un lato all’altro del ring con la stessa agilità di quando disinnescava Murat Gassiev in Russia, ma continua a rendersi protagonista di un lavoro di piedi strabiliante, che gli consente di trovare sempre il posizionamento perfetto per colpire senza essere colpito.
La “stamina” di Usyk è altrettanto leggendaria. Da peso cruiser è stato in grado di portare talvolta più di 900 colpi in un singolo combattimento, cifra clamorosa a quel peso e a quei livelli. Oggi il suo workrate è calato, ma l’ucraino ha conservato la sua innata capacità di “cambiare marcia” nel momento del bisogno: proprio quando il suo avversario si è convinto di potersela giocare alla pari, lui mette il turbo e lo lascia di stucco.
Molte altre sono le qualità di Usyk ben sopra la media, dalla mascella (mai atterrato da professionista pur avendo incassato alcuni colpi terrificanti), alla solidità mentale, alla difesa, all’intelligenza tattica. Gli unici due aspetti in cui è carente rispetto ad alcuni dei suoi più illustri predecessori sono probabilmente la potenza nel colpo singolo e la varietà di colpi.
Usyk non ha effettivamente il pugno di Tyson, di Foreman o di Marciano, ma chi lo accusa di avere mani innocue si sbaglia. Pur vincendo quasi sempre ai punti negli ultimi anni, l’ucraino ha dimostrato in ogni match di sapersi far rispettare: ha fatto traballare Chisora e Joshua, ha messo KO Dubois ed è stato a un soffio dal mettere KO Fury. La sua potenza è assimilabile a quella di Muhammad Ali e Larry Holmes, pugili che non facevano del colpo singolo la loro dote migliore ma che all’occorrenza si facevano valere.
Pur adoperando principalmente i diretti, con un uso abbastanza sporadico dei ganci e quasi inesistente dei montanti, Usyk compensa l’apparente lacunosità del suo arsenale offensivo variando continuamente traiettorie, velocità a angolazione dei suoi colpi. Quando Dubois si inginocchiò, prossimo alla resa, durante il loro match, non era stato scosso da un colpo specifico, quanto confuso e scoraggiato da una grandinata di colpi di cui non riusciva a prevedere l’impatto.
Gli avversari di Usyk e il fattore “epicità”
Quanto validi e impegnativi sono stati gli avversari di Usyk nel corso della sua cavalcata trionfale verso la gloria? Anche qui è inevitabile ricorrere a un parere soggettivo e indimostrabile. Personalmente credo che due dei pugili battuti dall’ucraino sarebbero stati competitivi ai massimi livelli in qualunque epoca: Mairis Briedis e Tyson Fury.
Briedis ha evidenziato in carriera una velocità di braccia fulminea, riflessi da cobra, tempismo clamoroso e mascella a dir poco granitica. Persino a 39 anni lo abbiamo visto incassare senza battere ciglio alcuni colpi violentissimi portati a tutto braccio dal potente Jai Opetaia.
Fury non sarà aggraziato né bello da vedere, ma con la sua stazza mastodontica, le sue braccia sconfinate, la sua flessibilità di tronco e la sua velocità di piedi (sorprendente per un uomo della sua mole) avrebbe creato grattacapi a molti grandi campioni. Probabilmente non li avrebbe battuti, ma di certo li avrebbe impegnati severamente.
Altri tre avversari di Usyk, pur essendo più vulnerabili e pur avendo lacune pronunciate in alcuni aspetti specifici, sarebbero stati, grazie alla loro potenza, delle mine vaganti anche in altre epoche: Murat Gassiev, Anthony Joshua e Daniel Dubois.
Non va infine sottovalutata la vittoria dell’ucraino su Michael Hunter: la carriera dello statunitense è stata gestita in maniera a dir poco scandalosa, probabilmente anche per colpe dello stesso pugile, ma la sua vittoria prima del limite sul temutissimo Martin Bakole e il pareggio contro Alexander Povetkin hanno evidenziato che avesse mezzi tecnici di prim’ordine.
Al valore degli avversari di Usyk va poi aggiunto un bonus per via di un particolare che ha reso oltremodo “epico” il suo percorso sportivo: aver sostenuto molti dei suoi match più difficili in trasferta, davanti a folle ostili oceaniche. Per ben dieci volte l’ucraino si è battuto nel Paese del suo rivale, un aspetto che rende unica la carriera del pugile di Sinferopoli tra quelle dei migliori di sempre.
Il posto di Oleksandr Usyk in classifica
In definitiva dunque, dove piazzare il fuoriclasse ucraino nella classifica dei migliori pesi massimi di ogni tempo? L’attuale graduatoria secondo chi vi scrive la potete consultare cliccando qui: I 10 massimi migliori di sempre. Personalmente credo che una risposta definitiva alla domanda potrà essere data soltanto quando Usyk appenderà i guantoni al chiodo, ma possiamo comunque divertirci a dare un giudizio “temporaneo”, sulla base di quanto visto finora.
A mio avviso l’ucraino ha già fatto abbastanza per superare Tyson, Holyfield, Frazier e Liston. Non ha invece regnato abbastanza a lungo né compiuto imprese sufficientemente straordinarie da insidiare le posizioni di Ali, Louis, Marciano, Foreman e Holmes. Nella mia personalissima classifica dunque, al momento Usyk è in lotta con Lennox Lewis per il sesto posto.
Se non siete d’accordo e se pensate che io abbia scritto eresie, siete liberi di farlo presente nei commenti. Non pretendo affatto di aver rivelato una sorta di verità insindacabile, ma quantomeno ho la coscienza a posto per aver motivato lungamente e approfonditamente il mio punto di vista.
Ottima disamina, solidamente argomentata e lontana dalle guerre ideologiche che si leggono sui social, tanto intolleranti quanto campate per aria.
Usyk è denigrato soprattutto dai cosiddetti passatisti, che pare non tengano conto dell’evoluzione di scienze dello sport, medicina, alimentazione e persino fisica degli atleti (Carnera era IL gigante nella sua era, oggi sarebbe un massimo più o meno nella media) per non parlare dell tecnologia che ci permette di sezionare ogni match frame per frame come non era neanche lontanamente immaginabile solo qualche anno fa.
(I passatisti che buttano nella mischia i Fitzsimmons poi secondo me sono casi da psichiatria).
Usyk è un campione enorme, dove collocarlo in ottica all time non saprei, troppe variabili, una per tutte le durate dei match titolati; personalmente lo vedrei entro i primi dieci, dal quarto in giù ogni posizione sarebbe giustificabile.
Poi, ovvio che il Tyson di oggi, se non vendesse il match ai poteri forti, lo stenderebber entro tre round