Mancano meno di due mesi a un grande appuntamento per il pugilato italiano: il 7 giugno il nostro connazionale dalle mani pesanti Ivan Zucco si recherà nella tana del lupo per dare l’assalto al prestigioso Titolo Europeo dei pesi supermedi. Ad attenderlo all’Oakwell Football Ground di Barnsley (UK), che per l’occasione si tramuterà certamente in una bolgia infernale, ci sarà il demolitore inglese Callum Simpson, noto per la sua fisicità straripante e per i ritmi vertiginosi che riesce a imprimere ai suoi combattimenti.
Zucco è estremamente determinato nel conservare la sua imbattibilità e nel tornare a casa con la cintura EBU e per compiere l’impresa potrà fare affidamento, tra le altre qualità, sul potere distruttivo dei suoi pugni che ha già fatto crollare prima della campana finale diciotto dei ventuno avversari affrontati da professionista.
Recentemente tornato dal Messico, dove si è allenato per sei settimane tentando di carpire parte dei segreti di una delle scuole pugilistiche più rinomate al mondo, l’atleta italiano ha accettato cortesemente di rispondere alle domande di Boxe Punch in vista di quello che si preannuncia come un incontro fondamentale per la sua carriera.
Partiamo dalle origini della tua avventura tra le sedici corde. A che età sei entrato per la prima volta in una palestra di boxe e con quali aspettative?
Sono entrato in una palestra di boxe tra i nove e i dieci anni dopo aver provato tanti sport tra cui karate, calcio e basket. Mio papà è stato un grande pugile, ha disputato più di cento combattimenti, ha fatto parte della Nazionale ed è stato protagonista di molti match importanti, solo che poi è stato costretto a fermarsi in giovane età, intorno ai ventuno o ventidue anni, perché aveva la pressione alta. In un primo momento non avevo particolari aspettative: ho iniziato per stare in allenamento, per autodifesa e anche per trascorrere del tempo con mio padre dato che i miei genitori si erano separati da qualche anno, quindi era anche un modo per vederlo più spesso.
Quali sono i momenti della tua carriera dilettantistica che reputi più importanti per la tua formazione e cosa ti ha spinto a fare il grande salto nel professionismo?
I momenti più importanti sono stati quelli in cui sono diventato campione italiano nel 2009 e nel 2011 e vice-campione italiano nel 2010, 2012 e 2013. A questi aggiungo anche il secondo posto al guanto d’oro del 2015. Ho capito fosse opportuno effettuare il salto nel professionismo intorno al 2017, infatti proprio nel dicembre del 2017 ho effettuato il mio esordio dopo aver disputato nuovamente il guanto d’oro e dopo essere stato fermo per parecchio tempo a causa di un’operazione alla spalla. In quel periodo ho capito che volevo cambiare tutto e intraprendere questo percorso.
La tua percentuale di KO nei pro si aggira intorno all’85%, un dato piuttosto impressionante, soprattutto se rapportato al panorama italiano. La potenza è una dote naturale che ti porti dietro fin da giovanissimo o è una qualità che hai sviluppato negli anni grazie al lavoro in palestra?
Ho messo a segno tanti KO da professionista, ma anche da dilettante ho sempre avuto un pugno pesante. Su sessanta match disputati in canotta ne ho vinti più di cinquanta e tra i dieci e i quindici li ho chiusi per KO o per KO tecnico. Anche in molti dei match rimanenti i miei avversari hanno subito dei conteggi. Sono senz’altro fortunato nel possedere questa dote, ma è anche vero che mi alleno tantissimo, anche con i pesi, il che non fa altro che aumentare la mia potenza. Io poi sono un pugile molto continuo: oltre ad avere il pugno forte porto tanti colpi e questo alla lunga mi permette di demolire l’avversario.
Il match che ti ha fatto conoscere dagli appassionati di tutta Italia è stato il tuo Titolo Italiano contro Luca Capuano. Cosa ti è rimasto impresso di quella serata?
Prima del Titolo Italiano contro il grande Luca Capuano eravamo entrambi imbattuti. Lui è stato un super campione da dilettante, tantissime volte campione d’Italia. Era un match molto atteso ed è stato molto combattuto. È uno degli incontri che mi ricordo di più perché si è svolto durante la pandemia: abbiamo combattuto all’Allianz, ma l’arena era vuota, quindi c’eravamo solo io, il mio avversario, i giudici e i maestri, in un silenzio assordante. Sapevamo però di essere guardati da tutta Italia in televisione attraverso DAZN e questo ci dava una bella emozione. Ero carichissimo perché volevo realizzare il sogno di mio padre che era quello di passare professionista e vincere il Titolo. Ci sono riuscito io e questo mi ha reso molto felice. Da lì ho iniziato a farmi conoscere da tutta Italia, anche se avendo fatto una buona carriera da dilettante molti addetti ai lavori già mi conoscevano.
Tra poco meno di due mesi combatterai in Inghilterra per il Titolo Europeo contro l’idolo locale Callum Simpson, che pur essendo piuttosto alto ama battagliare da vicino. Accetterai il corpo a corpo o tenterai di portarlo fuori dal suo habitat naturale usando spostamenti e colpi lunghi?
Effettivamente Callum Simpson, pur essendo più alto di me, ama combattere da vicino. Se questa sarà la sua tattica anche contro di me, ben venga: io lo aspetto senza problemi. Non credo di mettermi a fare il tecnico dalla lunga distanza anche perché lui è più alto; se verrà sotto sarò pronto a scambiare e a fargli sentire la mia potenza.
Di recente ha destato scalpore la tua decisione di allenarti in Messico per sei settimane in compagnia del peso supergallo Vincenzo La Femina. Credi che aver sperimentato i metodi della scuola messicana potrà aiutarti in quella che si preannuncia come una guerra senza respiro?
Sì, l’allenamento in Messico è stato molto utile, sia a livello mentale che fisico. Ero con il mio amico e campione Vincenzo La Femina, siamo stati lì per sei settimane e abbiamo svolto un duro lavoro. Non è stato facile, ma mi aiuterà anche nel combattimento contro Simpson che sarà una guerra senza respiro perché lui porta tanti colpi e ha un ritmo alto, proprio come me, quindi si vedrà chi sarà il primo a mollare. La scuola messicana ti insegna a non mollare mai: anche se prendono dei colpi continuano a venire sotto e continuano a colpire, ed è quello che farò anch’io. Venderemo cara la pelle in Inghilterra, anche perché per vincere bisognerà fare anche più del dovuto e lo faremo.
Hai già individuato gli sparring partner più adatti per prepararti al grande appuntamento?
Per ora inizierò a fare sparring con amici e professionisti del panorama italiano che mi daranno una mano, scegliendoli tra le categorie dei medi, supermedi e mediomassimi. Nel frattempo stiamo cercando degli sparring partner adatti a simulare lo stile del mio avversario anche se non è facile perché non ci sono molti pugili alti che tengono ritmi elevati venendo sempre in avanti. Girerò quindi con diversi tipi di pugili, ma quello che più mi interessa è allenare il colpo d’occhio. Simpson a mio parere non è un pugile che applica troppe strategie: lui viene in avanti e porta tanti colpi per sfinirti e sfiancarti. Sarebbe diverso se dovessi affrontare un avversario che esce, rientra, ti incrocia, ti prende il tempo… Non che Simpson non sia capace di farlo, ma secondo me ha un altro stile, quindi dovrò fare tanto fiato e allenarmi soprattutto sulla difesa.
Nel farti un grosso in bocca al lupo per la sfida che ti attende, ti chiediamo un pronostico su un match siamo certi guarderai con interesse, trattandosi della tua stessa categoria di peso. Chi vincerà a settembre, Saul “Canelo” Alvarez o Terence Crawford?
Difficile da dire, è un po’ come scegliere tra Messi e Cristiano Ronaldo. Canelo è il mio idolo, però Crawford è tra i migliori pugili del mondo. Sarà molto dura per entrambi, ma io vedo leggermente favorito Canelo perché ha potenza nei colpi e un QI pugilistico molto elevato. Certo, anche Crawford ce l’ha elevatissimo, però se devo proprio scegliere dico Canelo, se non altro perché è il mio idolo.